Ritenuta inammissibile la questione relativa all’omesso versamento IVA

Di Alberto CALZOLARI

La Corte costituzionale lo scorso 12 giugno ha depositato l’ordinanza n. 114, con la quale ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 649 c.p.p., posta dal giudice penale di Rovigo riguardo al principio del “ne bis in idem”. Il problema è noto: gli illeciti tributari sono puniti attraverso un doppio binario, essendo perseguibili tanto con il procedimento amministrativo quanto con l’azione penaltributaria.

In particolare, il giudice a quo ha lamentato la violazione dell’art. 117 comma 1 Cost. (relativamente al ne bis in idem fissato nell’art. 4 Prot. 7 della CEDU e nell’art. 50 della CDFUE) e dell’art. 3 Cost. (per l’irrazionalità normativa, che infrange il principio di uguaglianza dei cittadini), poiché un imprenditore individuale è stato dapprima sanzionato per omesso versamento dell’IVA (sanzione del 30% ex art. 13 DLgs. 471/97), poi, quando la sanzione formalmente amministrativa è divenuta definitiva, è stato sottoposto al procedimento penale per violazione dell’art. 10-ter del DLgs. 74/2000.

La Corte Costituzionale ha rimandato alla sentenza n. 222 del 24 ottobre 2019, con la quale aveva giudicato inammissibile la questione di legittimità costituzionale posta dal Tribunale di Bergamo per una fattispecie del tutto analoga, rilevando come la motivazione fosse del tutto carente. È proprio su questo aspetto che occorre riflettere: non è vero che la Consulta sta affermando la legittimità costituzionale del doppio binario sanzionatorio tributario (tesi che va diffondendosi tra gli addetti ai lavori), essendo semmai corretto rilevare l’insufficienza dell’impianto motivazionale delle questioni che le sono state sottoposte.

Anzitutto la Corte Costituzionale ammonisce che è cambiato il quadro di riferimento dopo la Causa A. e B. (Corte EDU 15 novembre 2016, Causa A. e B. v. Norvegia), poiché le Alte Corti europee non si limitano più al semplice riscontro di un doppio procedimento che cagiona l’irrogazione di due sanzioni sostanzialmente penali a fronte di un idem factum illecito.

In secondo luogo, è fuorviante motivare la questione di legittimità costituzionale citando la Causa Menci (CGUE 20 marzo 2018, causa C-524/15), dal momento che ivi la Corte di Giustizia ha affermato che l’ordinamento punitivo tributario italiano non appare in contrasto con l’art. 50 della CDFUE.
Occorre infatti chiarire che le valutazioni della CGUE non sono allineate con la Corte EDU, poiché la prima reputa il ne bis in idem un diritto comprimibile, mentre, nel sistema CEDU, tale diritto rientra nella stretta cerchia dei diritti assoluti, in nessuna misura riducibili da parte dello Stato.

La CGUE ha verificato la legittimità del doppio binario italiano alla luce del principio di proporzionalità: poiché le sanzioni mirano alla salvaguardia delle risorse finanziarie proprie dell’Ue (tramite l’IVA), è sufficiente che la limitazione del divieto di bis in idem sia conforme al principio di proporzionalità ex art. 52 § 1 della CDFUE. Viceversa, la Corte EDU ha sempre ribadito l’incomprimibilità del diritto sancito nell’art. 4 P7 CEDU, tuttavia modificando, a partire dalla citata Causa A. e B., i criteri di verifica del ne bis in idem. A tal fine, i giudici di Strasburgo hanno introdotto uno specifico test per verificare la stretta connessione materiale e temporale dei due procedimenti e, come chiarito nella giurisprudenza successiva (cfr. per esempio Corte EDU 6 giugno 2019, Causa Nodet v. Francia), il test è superato solo se il doppio binario soddisfa simultaneamente tutti i requisiti, che brevemente si rammentano:
– i due procedimenti devono perseguire obiettivi diversi e complementari;
– il doppio procedimento deve essere prevedibile nell’ambito dell’ordinamento nazionale;
– le autorità procedenti devono interagire e coordinarsi in modo da evitare la duplicazione della ricerca delle prove e la valutazione delle medesime secondo differenti criteri;
– la pena complessivamente irrogata deve essere proporzionata al disvalore dell’illecito;
– i due procedimenti devono svolgersi parallelamente.

Per inciso, alcuni dei parametri presi in considerazione dalla CGUE sono compresi nel test della CEDU, tuttavia nella Causa Menci non è stata valutata la dimensione temporale della connessione dei due procedimenti, mentre è stato sovrastimato il criterio della proporzionalità della sanzione complessivamente irrogata (la sommatoria delle due diverse sanzioni).

Questo è il vero insegnamento delle ultime pronunce della Corte Costituzionale: i giudici che rimettono la questione di legittimità sul ne bis in idem non possono fare affidamento su affermazioni apodittiche o su valutazioni assertive dei principi che ispirano le norme del doppio binario italiano, dovendo piuttosto sviluppare in maniera empirica il test della stretta connessione materiale e temporale dei due procedimenti, così come è stato progressivamente affinato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo.