Seguendo l’interpretazione della pronuncia della Cassazione n. 12777 del 2019, potrebbero esserci contestazioni anche nel caso di strutture IBLOR

Di Maria Francesca ARTUSI

Assonime si è soffermata – nel Caso n. 6/2020 diffuso ieri – sul tema della legittimità (anche penale) delle operazioni di acquisizione con indebitamento e sull’uso di “fronting structure”; argomento sollevato circa un anno fa dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 12777/2019.

Quest’ultima aveva ad oggetto un caso di operazioni di finanziamento realizzate in Italia da una banca italiana e da una banca sanmarinese in pool, in cui la banca italiana figurava con il ruolo di “fronting bank”. Tra le due banche sussisteva un rapporto giuridico qualificato tra le parti come mandato senza rappresentanza e regolato da una convenzione interbancaria in forza della quale la banca italiana avrebbe dovuto intrattenere in via esclusiva i rapporti con i terzi finanziati, mentre la banca estera si sarebbe dovuta limitare a finanziare la banca italiana.

I giudici di legittimità avevano ritenuto che tali operazioni possano integrare il reato di esercizio abusivo di attività finanziaria, previsto dall’art. 132 del DLgs. 385/1993 (Testo unico bancario o TUB) laddove l’istituto di credito straniero non autorizzato svolga di fatto un’attività diretta di concessione di finanziamenti. Ciò in quanto gli interessi, sottesi alla tutela penale della funzione di controllo e vigilanza (artt. 106, 107, 111 e 112 del DLgs. 385/1993), sono suscettibili di compromissione ed offesa, anche allorquando le attività finanziarie svolte, in assenza degli atti amministrativi autorizzatori, siano esercitate indirettamente, mediante lo “schermo” formale di una banca autorizzata cui venga conferito un mandato senza rappresentanza.

In caso contrario, la formale (o apparente) assenza di rapporto contrattuale con i terzi finanziati potrebbe costituire comodo escamotage per svolgere attività, ad esempio, di riciclaggio di proventi illeciti, attraverso schermi giuridici che non rientrerebbero neppure tra i soggetti suscettibili di richiedere e ottenere l’autorizzazione della Banca d’Italia ai sensi dell’art. 107 del DLgs. 385/1993.

Può essere utile ricordare che il reato in questione punisce con la reclusione da sei mesi a quattro anni e con la multa da 2.065 euro a 10.329 euro chiunque svolge, nei confronti del pubblico una o più attività finanziarie previste dall’art. 106 comma 1 del DLgs. 385/1993 in assenza dell’autorizzazione o dell’iscrizione richiesti ai sensi degli artt. 107, 111 e 112 del medesimo decreto.

Assonime pone l’accento sul fatto che, seguendo la linea interpretativa adottata dalla Cassazione, tale fattispecie potrebbe essere contestata anche nel caso di strutture IBLOR (Italian Bank Lender of Records), che prevedono l’intervento di una banca italiana come “fronting structure”, nell’ambito di operazioni di finanziamento e di acquisizioni.
Il tema in esame può, così, assumere rilevanza per i fondi di investimento, per le imprese che effettuano tali operazioni, nonché per le banche che sono coinvolte nel finanziamento.

Stante l’ampio spettro di applicazione, il Caso in commento mette in guardia rispetto ad una possibile lettura estensiva della pronuncia della Cassazione che conduca ad una incertezza del quadro giuridico di riferimento, rischiando di ripercuotersi negativamente su tali operazioni e di pregiudicare il mercato dei finanziamenti, disincentivando di fatto l’afflusso di investimenti dall’estero. Gli schemi IBLOR sembrano, infatti, rispondere alle medesime finalità di quelle consentite dal nostro ordinamento per consentire alle imprese di accedere a forme di finanziamento non bancario offerte dai veicoli di credito alternativi.

Dopo aver ripercorso le argomentazioni della giurisprudenza sul punto e aver puntualizzato alcuni aspetti alle strutture IBLOR, Assonime conclude auspicando l’individuazione da parte del legislatore di alcuni criteri di riferimento che possano garantire una maggior certezza rispetto al compimento delle operazioni finanziarie di tal genere.

Ferma restando la necessità di garantire determinate condizioni e tutele – che siano sostanzialmente equivalenti a quelle previste per i veicoli di credito alternativo – sarebbe auspicabile definire un quadro giuridico certo che assicuri la legittimità delle suddette operazioni tipizzandole.

Viene, inoltre, proposto l’inserimento di una specifica ipotesi di esenzione dalla riserva di attività bancaria ai sensi dell’art. 106 del DLgs. 385/1993, subordinata al rispetto di una serie di condizioni minime, quali ad esempio: che i soggetti finanziati siano diversi dalle persone fisiche e dalle microimprese; che il finanziatore diretto (fronting bank) sia una banca autorizzata o un intermediario finanziario ai sensi del citato art. 106; che la raccolta della provvista avvenga attraverso fondi di investimento, assicurazioni, banche o altri intermediari, anche esteri, o da società veicolo controllate dai predetti enti.