Nella bozza di decreto fiscale anche l’inserimento della dichiarazione fraudolenta con fatture false nel «catalogo 231»

Di Maria Francesca ARTUSI

Nel tentativo di rendere più efficace il contrasto all’evasione anche dal punto di vista del diritto penale, la bozza del decreto fiscale collegato alla manovra di bilancio per il 2020, non si limita ad intervenire sui reati tributari disciplinati dal DLgs. 74/2000 (si veda “In arrivo pene più alte e soglie di punibilità più basse per i reati tributari” di oggi), ma vuole utilizzare due strumenti che nel nostro ordinamento si caratterizzano per una grande flessibilità e per una inarrestabile evoluzione: la confisca e la responsabilità “parapenale” delle società e degli enti.

Va ricordato che, con il DLgs. 158/2015, la confisca obbligatoria, diretta o per equivalente, è stata direttamente inserita nel diritto penale tributario con la previsione dell’art. 12-bis del DLgs. 74/2000.
Proprio il decreto fiscale in commento prevede che tale disposizione sia estesa testualmente (anche nella parte in cui si prevede che essa “non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all’erario anche in presenza di sequestro”) al contrasto alle frodi in materia di accise, attraverso l’integrazione dell’art. 44 del DLgs. 504/1995.

Di maggiore rilevanza – e destinato a creare dibattito – è però l’inserimento dell’art. 12-ter nel DLgs. 74/2000 in cui si prevede la c.d. “confisca di sproporzione”, intendendo per tale quel provvedimento mutuato dalla disciplina connessa alla criminalità organizzata, oggi confluito nell’art. 240-bis c.p. (intitolato “confisca in casi particolari”, anche noto come “confisca allargata”). Si tratta di una misura che colpisce il denaro, i beni o le altre utilità di cui il condannato non può giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attività economica.

Ebbene, il nuovo art. 12-ter estende tale possibilità ai casi di condanna o di applicazione della pena su richiesta a norma dell’art. 444 c.p.p. (patteggiamento) per tutti i delitti tributari, con esclusione degli omessi versamenti delle ritenute e dell’IVA (rispettivamente artt. 10-bis e 10-ter del DLgs. 74/2000).

La stessa norma fissa, però, dei limiti all’applicazione di tale forma di confisca richiedendo in particolare che: l’ammontare degli elementi passivi fittizi sia superiore a 100.000 euro nel caso di dichiarazione fraudolenta ex art. 2 del DLgs. 74/2000; l’imposta evasa sia superiore a 100.000 euro nel caso di dichiarazione fraudolenta ex art. 3 del DLgs. 74/2000 ovvero di omessa dichiarazione ex art. 5 comma 1 del medesimo decreto; l’ammontare delle ritenute non versate sia superiore a 100.000 euro nel caso di omessa dichiarazione del sostituto di imposta; l’importo non rispondente al vero indicato nelle fatture o nei documenti sia superiore a 100.000 euro nel caso di emissione di fatture per operazioni inesistenti; l’indebita compensazione abbia ad oggetto crediti non spettanti o inesistenti superiori a 100.000 euro; l’ammontare delle imposte, sanzioni ed interessi sia superiore a 100.000 euro nel caso di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte; l’ammontare degli elementi attivi inferiori a quelli effettivi o degli elementi passivi fittizi è superiore a 100.000 euro nel caso della condotta descritta dall’art. 11 comma 2 del DLgs. 74/2000 (indicare nella documentazione presentata ai fini della procedura di transazione fiscale elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo o elementi passivi fittizi per un ammontare complessivo superiore a 50.000 euro).
Tale confisca non conosce, invece, limiti per i delitti di infedele dichiarazione (art. 4) e di occultamento o distruzione di documenti contabili (art. 10).

Si noti che un simile provvedimento crea un’inversione dell’onere della prova ed una sorta di presunzione di illegalità del profitto che vengono giustificati nel nostro ordinamento dalla gravità dei reati per cui è consentita (tradizionalmente collegati alla criminalità organizzata). Pertanto, la sua previsione per gli illeciti fiscali è un elemento da valutare con cura e che potrebbe dare adito a divergenze interpretative.

Va, altresì, dato atto che il medesimo decreto fiscale introduce l’art. 25-quinquiesdecies al DLgs. 231/2001 ampliando, così, ulteriormente il catalogo dei reati presupposto per la responsabilità degli enti: in relazione alla commissione del delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 2 del DLgs. 74/2000) si applica all’ente la sanzione pecuniaria fino a 500 quote. Si tratta di una opzione legislativa a lungo discussa e nasce da sé la domanda se tale previsione possa essere sufficiente ad onorare quanto richiesto dalla “direttiva PIF” o saranno successivamente inseriti ulteriori reati nell’ambito del “sistema 231” (si veda in proposito “Verso l’inserimento delle frodi IVA tra i reati 231” del 19 ottobre 2019).
È comunque previsto che tali novità – salvo ulteriori modifiche – entrino in vigore solo decorsi quindici giorni dalla data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della legge di conversione del decreto.