Non rileva che l’Ufficio possa ancora opporre il diniego
Con la sentenza n. 8555 depositata ieri, la Corte di Cassazione ha affermato un principio inerente alla definizione delle liti pendenti di cui all’art. 11 del DL 50/2017, che può essere esteso all’art. 6 del DL 119/2018.
I giudici hanno sancito che la domanda di definizione della lite, una volta presentata, non può essere revocata. Come affermato in pregressi arresti, la dichiarazione di voler fruire di una sanatoria non è una mera esternazione di scienza, ma una dichiarazione di volontà frutto di scelta ed autodeterminazione, quindi, salvi i casi di errori manifesti e riconoscibili, non può essere revocata.
Non è stata accolta la tesi della difesa, secondo cui la possibilità di revocare la domanda di definizione scaturiva dal fatto che l’Agenzia delle Entrate non aveva ancora “accettato” la stessa.
In effetti, tanto nel caso dell’art. 11 del DL 50/2017 quanto nell’art. 6 del DL 119/2018, il perfezionamento della definizione, in un certo senso, può ritenersi a formazione progressiva. Il contribuente, per perfezionare, potremmo dire nei suoi confronti, la definizione, deve, entro un certo termine, fare domanda ed eseguire il versamento di tutte le somme o della prima rata; l’Ufficio, entro un successivo termine (secondo la giurisprudenza peraltro nemmeno perentorio) può, se del caso, opporre il diniego di definizione, atto che potrà essere impugnato dinanzi al giudice tributario.
Se il principio enunciato nella sentenza di ieri può essere condiviso, va comunque contestualizzato.
Per prima cosa, al pari di quanto affermato, ormai da tempo, da Agenzia delle Entrate-Riscossione in tema di rottamazione dei ruoli, la domanda di definizione si ritiene revocabile liberamente se la revoca interviene entro il termine di presentazione della domanda stessa, cioè entro il 31 maggio 2019. Qualche dubbio sulla revocabilità emerge se il contribuente, prima del 31 maggio, avesse già eseguito i versamenti.
Inoltre, un conto è la domanda di definizione, un conto è la dichiarazione di volersi avvalere della definizione, che il contribuente deve rendere, in udienza o in apposita richiesta diretta al giudice, per ottenere la sospensione del processo.
Questa dichiarazione non comporta assolutamente la necessità che il contribuente, valutata la fattispecie concreta, poi effettivamente fruisca della definizione. Il processo, infatti, resta ulteriormente sospeso sino al 31 dicembre 2020 solo se, entro il 10 giugno 2019, si deposita la domanda di definizione e il modello F24.
Tanto detto, la domanda, se accompagnata dai versamenti eseguiti nei termini, non può essere revocata come detto dalla Cassazione.
Invece, la situazione è diversa se non sono stati eseguiti i versamenti.
L’art. 6 del DL 119/2018 è chiaro nell’affermare che la definizione non si perfeziona unicamente con la presentazione della domanda, ma anche con l’esecuzione dei versamenti. Pertanto, se i versamenti non sono eseguiti, nemmeno emerge il problema della revoca, in quanto la definizione non si è perfezionata.
Il processo, quindi, non resterà sospeso fino alla fine del 2020, e si esaminerà il merito della lite.