Le operazioni attive sono pienamente «sostituibili» dall’emissione di fattura elettronica

Di Emanuele GRECO e Simonetta LA GRUTTA

La comunicazione dei dati delle operazioni transfrontaliere, introdotta dall’art. 1 comma 3-bis del DLgs. 127/2015 a decorrere dall’anno di imposta 2019, dovrà essere effettuata secondo le modalità operative già seguite per la precedente comunicazione dei dati delle fatture. La prima comunicazione transfrontaliera dovrà essere eseguita entro il 28 febbraio 2019, con riferimento alle fatture emesse e registrate per il mese di gennaio 2019.
Gli aggiornamenti che le case di software hanno appena rilasciato attestano che la comunicazione in esame seguirà le regole già in uso per il più ampio adempimento (“spesometro”) dovuto sino all’anno di imposta 2018 a norma dell’art. 21 del DL 78/2010 (e la cui ultima comunicazione è fissata, anch’essa, per il 28 febbraio 2019).

Non può, quindi, essere trascurata la sovrapposizione temporale delle due comunicazioni: la prima relativa ai dati delle operazioni transfrontaliere del mese di gennaio 2019; la seconda, relativa alla generalità delle cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate e ricevute nel secondo semestre 2018 o al quarto trimestre 2018. A queste si aggiunge, sempre nel termine del 28 febbraio 2019, la comunicazione dei dati delle liquidazioni periodiche del quarto trimestre 2018 (art. 21-bis del DL 78/2010).
La periodicità mensile della comunicazione transfrontaliera è stata, peraltro, criticata da alcune associazioni di categoria, tra cui Assonime che, nella propria circolare n. 26/2018, ha auspicato la trasmissione dei dati con cadenza annuale.

Ai fini della comunicazione transfrontaliera, va ricordato che l’invio dei dati non è dovuto se la cessione di beni o prestazione di servizi è stata documentata mediante fattura elettronica o bolletta doganale.
L’emissione di fattura elettronica, su base facoltativa, da parte di un cedente o prestatore stabilito in Italia per un’operazione nei confronti di una controparte non residente e non stabilita è una pratica consigliabile proprio perché consente la trasmissione dei relativi dati mediante la comunicazione periodica.
Per le sole fatture emesse, è data la possibilità di assolvere l’obbligo comunicativo trasmettendo il file in formato XML e compilando il codice destinatario con il codice convenzionale “XXXXXXX” (provv. Agenzia delle Entrate n. 89757/2018, § 9.4).

Questa facoltà presuppone, però, che la fattura elettronica, su base facoltativa nei confronti di una controparte non stabilita e non residente, sia emessa al momento di effettuazione dell’operazione, come determinato ai sensi dell’art. 6 del DPR 633/72 ovvero dell’art. 39 del DL 331/93. In alternativa, se la fattura in formato XML fosse emessa successivamente ma entro i termini della comunicazione transfrontaliera, resterebbe dovuta la fattura analogica contestualmente al momento di effettuazione dell’operazione, a norma dell’art. 21 del DPR 633/72.
In una situazione di questo tipo, difatti, non vi sono le basi giuridiche per valere la disapplicazione delle sanzioni per tardiva fatturazione stabilita dall’art. 10 del DL 119/2018 nei soli casi in cui sussiste l’obbligo di fatturazione elettronica e non la mera facoltà.

In entrambi i casi descritti, il documento elettronico emesso e veicolato tramite il Sistema di Interscambio è soggetto alle norme in tema di conservazione elettronica (art. 39 del DPR 633/72 e DM 17 giugno 2014), come di recente chiarito in occasione di Telefisco 2019.

Per le operazioni passive, rese da una controparte non residente e non stabilita nei confronti di un acquirente stabilito in Italia, non è ancora stata data per certa la possibilità di “sostituire” la comunicazione in esame emettendo un’autofattura elettronica su base facoltativa. La questione riguarda tanto gli acquisti da soggetti passivi stabiliti al di fuori dell’Unione europea per i quali è prevista l’autofatturazione del servizio ricevuto ai sensi dell’art. 17 comma 2 del DPR 633/72 quanto per gli acquisti intracomunitari di beni e servizi per i quali la procedura ordinaria è quella di integrazione della fattura ricevuta dal soggetto passivo dell’altro Stato membro della Ue.

Tra gli altri aspetti ancora da confermare a livello ufficiale vi è la riconducibilità nella comunicazione transfrontaliera delle vendite a distanza di beni. Non dovrebbero sussistere dubbi in merito all’inclusione delle vendite a distanza sotto soglia nei confronti di “privati” stabiliti in un altro Stato Ue, se l’operazione è tassata in Italia (in assenza di opzione per la tassazione nell’altro Stato). Il codice che contraddistingue l’operazione è “N7” (circolare n. 1/2017).
Meno probabile appare, invece, l’inclusione delle vendite a distanza soggette a IVA in Italia, effettuate da un cedente stabilito in un altro Stato Ue nei confronti di “privati” stabiliti in Italia. Nella fattispecie, il cedente Ue è tenuto a identificarsi ai fini IVA in Italia per assolvere l’imposta, pur mantenendo il proprio status di soggetto passivo non residente e non stabilito in Italia.