Dal punto di vista fiscale, anche dopo la revisione apportata nel 2016 da Assirevi all’OPI 1, continuano ad applicarsi i principi ordinari del TUIR

Di Luca MIELE

Le operazioni di cessione di azienda infragruppo effettuate tra soggetti IAS adopter sono assoggettate, ai fini fiscali, ai principi ordinari delle operazioni realizzative, a prescindere dalla impostazione contabile adottata.

Le operazioni infragruppo (under common control), in sintesi, si distinguono tra: operazioni infragruppo suscettibili di generare un valore aggiunto per il complesso delle parti interessate (quale, ad esempio, maggiori ricavi, risparmi di costi, realizzazione di sinergie) che si concretizzi in significative variazioni nei flussi di cassa ante e post operazione delle attività trasferite; operazioni infragruppo non suscettibili di determinare le significative variazioni nei flussi di cassa futuri.
Le prime sono operazioni per le quali la rilevazione è operata in base all’IFRS 3 trattandosi di operazioni dotate di sostanza commerciale, mentre per le seconde si applica il principio di continuità di valori, nel senso di continuità post operazione dei valori contabili risultanti ante operazione (documento OPI 1 R di Assirevi).

Facendo esclusivo riferimento alle operazioni di cessione di azienda prive di sostanza commerciale effettuate tra società controllante e società controllata, la differenza positiva o negativa tra il corrispettivo e il valore contabile storico dell’azienda rappresenta “un’operazione con soci, da rilevare a seconda delle circostanze, come una contribuzione o una distribuzione di patrimonio netto delle entità coinvolte nell’operazione”.

Pertanto, se la controllante è l’entità venditrice e il corrispettivo è superiore al valore di libro del business trasferito, la differenza è iscritta a Conto economico come incasso di un dividendo da parte della controllante e come decremento del patrimonio netto per la controllata entità acquirente. Se, invece, la suddetta differenza è negativa, la stessa va contabilizzata come apporto e, quindi, a incremento del patrimonio netto della controllata nonché a incremento del costo della partecipazione per la controllante.

Laddove invece l’acquirente sia la controllante, se il differenziale è positivo, la controllata assume un incremento del patrimonio netto e la controllante un incremento della partecipazione detenuta nella controllata; se il differenziale è negativo la controllante iscrive un dividendo e la controllata un decremento del patrimonio netto.

Dal punto di vista fiscale, anche dopo la revisione apportata nel 2016 da Assirevi all’OPI 1, continuano ad applicarsi i principi ordinari del TUIR che considerano la cessione di azienda operazione realizzativa.
Rileva, infatti, l’art. 4, comma 3 del DM n. 48/2009, che deroga alla rappresentazione di bilancio e prevede che “Per le operazioni di cessione di azienda… rileva il regime fiscale disposto dal testo unico, anche ove dalla rappresentazione di bilancio non emergono i relativi componenti postivi e negativi o attività e passività fiscalmente rilevanti”.

Pertanto, in capo al cedente – anche se dal punto di vista contabile la cessione di azienda non comporta l’emersione di plusvalenze o minusvalenze – si realizza una plusvalenza o minusvalenza rilevante fiscalmente ai sensi, rispettivamente, degli artt. 86 e 101 del TUIR.

Per quanto concerne il rispetto del principio della previa imputazione al Conto economico dei componenti negativi, si applica l’art. 109, comma 4, lett. b) del TUIR laddove la disposizione di legge “necessaria” è proprio l’art. 4, comma 3, DM 48/2009. Dal punto di vista dell’acquirente, il cessionario assume quale valore fiscalmente riconosciuto dell’azienda acquisita il corrispettivo pattuito che darà luogo a maggiori ammortamenti, minori plusvalenze o maggiori minusvalenze da realizzo.

Resta da chiarire il trattamento fiscale delle variazioni del patrimonio netto rilevate dal cedente o dal cessionario. Al riguardo, il principio generale che dovrebbe trovare applicazione è quello secondo cui rileva la rappresentazione giuridico-formale degli incrementi e decrementi di patrimonio netto in quanto, ai sensi del comma 3 dell’art. 4 del DM 48/2009, non si applica la derivazione rafforzata.

Pertanto, ad esempio, in caso di cessione di azienda dalla società controllata alla società controllante con un differenziale positivo (prezzo superiore al valore contabile storico), l’incremento di patrimonio netto dovrebbe essere considerato ai fini fiscali come una riserva di utili, ancorché contabilmente sia una riserva da apporto. Infatti, si tratta comunque di un atto realizzativo con rilevanza reddituale.

Laddove, invece, il differenziale risulti negativo (prezzo inferiore al valore contabile storico), il decremento del patrimonio netto che contabilmente è una distribuzione di dividendo dovrebbe essere fiscalmente considerata una minusvalenza da realizzo.