I tardivi versamenti sono violazioni sostanziali di natura autonoma

Di Antonio NICOTRA

La Cassazione, con la sentenza n. 29299 depositata il 14 novembre 2018, affronta una peculiare fattispecie in tema di conseguenze sanzionatorie connesse alla violazione dell’obbligo di fatturazione IVA, stabilendo che la società contribuente, che non abbia fatturato e contabilizzato in seno alle liquidazioni periodiche l’operazione, risponde non solo per l’omessa tenuta delle scritture contabili ex art. 6 comma 1 del DLgs. 471/97, ma anche per il ritardato versamento del tributo ex art. 13 comma 1 del DLgs. 471/97.

Nel caso di specie, a fronte dell’irrogazione delle sanzioni da parte dell’Amministrazione finanziaria per infedele fatturazione, omessa tenuta dei registri contabili e per tardivo versamento dell’imposta (dal testo della sentenza non si comprende se anche la dichiarazione fosse stata infedele), la società contribuente provvedeva a definire la sanzione per infedele fatturazione e omessa tenuta delle scritture contabili, e impugnava l’atto di contestazione delle sanzioni per tardivo versamento, presentando istanza di rimborso dell’importo versato a titolo di ravvedimento operoso (il ravvedimento era stato disconosciuto in quanto effettuato dopo l’inizio di un controllo fiscale, possibilità all’epoca dei fatti inibita, trattandosi di sistema ante L. 190/2014).

A sostegno della propria tesi difensiva, la società contribuente osservava che, non avendo adempiuto all’obbligo di fatturazione, non poteva essere sanzionata per il ritardato pagamento dell’IVA, costituendo – la regolare fatturazione – il presupposto della sanzione di cui all’art. 13 del DLgs. 471/97.
Per la Suprema Corte il ritardo nel pagamento si somma all’omessa tenuta delle scritture contabili e all’infedele fatturazione, trattandosi di una violazione che attiene all’imposta già liquidata, per la quale l’art. 13 del DLgs. n. 471/97 dispone un trattamento sanzionatorio proporzionale ed autonomo per ciascun mancato pagamento (Cass. 20 gennaio 2017 n. 1540). Il ritardo nel versamento del tributo, infatti, ha una propria configurazione, integrando una violazione sostanziale e non formale.

Si osserva, inoltre, che la società contribuente, avendo pagato a titolo di ravvedimentooperoso la sanzione dovuta per il ritardato pagamento del tributo in misura ridotta, avrebbe implicitamente riconosciuto la sussistenza della violazione e l’applicabilità dei presupposti della sanzione (Cass. 30 marzo 2016 n. 6108).
In tema di sanzioni, invero, anche la prassi amministrativa ritiene che la violazione sulla fatturazione non renda inapplicabili le violazioni sui versamenti, sicché, in sede di ravvedimento operoso ex art. 13 del DLgs. 472/97, occorrerebbe sanare tutte le violazioni: quelle ex art. 6 comma 1 del DLgs. 471/97 e l’omesso versamento in sede di liquidazione periodica (circ. Agenzia delle Entrate 19 febbraio 2015 n. 6 § 10.1).

Poi, la violazione di infedele dichiarazione ex art. 5 del DLgs. 471/97, in quanto fattispecie più grave rispetto alle altre violazioni, quali l’omesso o tardivo versamento dell’IVA periodica, dovrebbe, ragionevolmente, assorbire tutte le altre (C.T. Reg. Torino 20 marzo 2014 n. 448/36/14). Nella sentenza n. 29299/2018, tuttavia, non si affronta il nesso tra violazione dichiarativa e omessi versamenti nella liquidazione periodica.

Sul punto, la C.T. Reg. Milano 10 luglio 2017 n. 3045/2/17, è giunta a ritenere che “ogniqualvolta viene regolarizzata la violazione prodromica, quella indotta relativa al versamento, non è da regolarizzare”; pertanto, “non va affatto eseguito il ravvedimento anche per la violazione indotta del mancato pagamento del tributo, ma solamente quella originaria dell’infedeltà dichiarativa”.
Un ragionamento simile, ma non condiviso dalla sentenza in commento, si potrebbe fare in merito al rapporto tra violazione sulla fatturazione e versamento dell’IVA: come affermato dalla difesa, ben può sostenersi che la violazione sui versamenti presupponga una fatturazione regolare.