Il limite dell’imponibile integrabile non dovrebbe riferirsi al reddito prodotto dalla società di persone, ma alla quota attribuita al socio per trasparenza

Di Dario AUGELLO

L’integrativa speciale di cui all’art. 9 del DL 119/2018 si applica anche ai redditi derivanti dall’esercizio di imprese commerciali e dalla partecipazione in società in nome collettivo e in accomandita semplice.

Per le società di persone, il cui reddito è attribuito per trasparenza ai soci che risultano al 31 dicembre di ogni anno, è stabilito anzitutto che i partecipanti non possono giovarsi della procedura con riferimento ai rilievi formulati a seguito di accessi, ispezioni, verifiche o qualsiasi atto impositivo a carico dell’ente.

L’avvio di una verifica a carico dell’ente impedisce pertanto al socio di rettificare il pertinente reddito di partecipazione, anche se il riferimento ai “rilievi formulati”, che evoca il PVC, potrebbe essere frainteso: la preclusione dovrebbe scattare già con l’avvio di accessi, ispezioni, verifiche a carico della società – analogamente a quanto previsto per tutte le altre categorie di reddito e per le altre imposte (art. 9, comma 1, lett. b) del DL 119/2018) – e non dopo la notifica del PVC.

Anche ai redditi di partecipazione si applicano le soglie previste dal comma 1, che dovrebbero riferirsi, però, come stabilito dallo stesso comma 1, al reddito complessivo del socio assoggettato a IRPEF ex art. 8 del TUIR, e non al reddito di partecipazione dichiarato.
Ciò implica due conseguenze.
La prima, che il limite di 100.000 euro di cui al comma 1, per i maggiori imponibili derivanti da redditi di partecipazione, non si riferisce all’imponibile integrato dalla società, ma a quello sanato da ciascun socio, perché la società di persone non è soggetto IRPEF (mentre l’ente è soggetto passivo IRAP e IVA e pertanto il limite di 100.000 euro di imponibile per singola dichiarazione, per IRAP, IVA e ritenute, si riferisce senz’altro alla dichiarazione della società di persone).

La seconda, che l’integrazione di maggiori imponibili derivanti dall’esercizio di imprese commerciali, per i soggetti IRPEF, deve tenere conto delle regole di determinazione del reddito complessivo ex art. 8 del TUIR; in particolare della regola che prevede la somma algebrica dei redditi e delle perdite fiscali che concorrono a formare il reddito complessivo.

La combinazione dell’integrativa speciale con l’art. 8, TUIR merita ulteriore analisi.
Per effetto del richiamo al reddito complessivo, la soglia del comma 1 (limite di 100.000 euro di imponibile annuo, con un massimo del 30% del reddito dichiarato) deve essere parametrata alla somma algebrica dei redditi che concorrono a formare il reddito complessivo. In particolare si sommano tutti i redditi e si sottraggono le perdite che derivano dall’esercizio di imprese minori e dall’esercizio di arti e professioni. Le perdite che derivano dall’esercizio di imprese commerciali e dalla partecipazione in società di persone in contabilità ordinaria sono invece computate in diminuzione solo dei relativi redditi (d’impresa) e riportate a nuovo per l’eccedenza non oltre il quinto anno. L’imprenditore in perdita non deve dunque limitare l’indagine al risultato fiscale dell’impresa, in presenza di altri redditi.

I casi sono due. Se la perdita concorre a formare il reddito complessivo del periodo d’imposta, in caso di impresa in contabilità semplificata, l’imprenditore può giovarsi della somma algebrica della perdita con gli altri redditi, perché la soglia del 30% deve essere commisurata all’imponibile complessivo dichiarato e non al risultato fiscale singolodell’impresa.

Se invece la perdita è riportata a nuovo, in caso di impresa in contabilità ordinaria, l’imprenditore non è penalizzato dal risultato fiscale dell’impresa, poiché la perdita non concorre a formare il reddito complessivo del periodo d’imposta.
Le stesse regole di applicano al reddito di partecipazione, che è imputato per trasparenza al socio e concorre alla formazione del reddito complessivo IRPEF secondo le disposizioni dell’art. 8 del TUIR.

L’eventuale perdita fiscale dichiarata dall’impresa commerciale deve dunque essere contestualizzata nell’ambito del reddito complessivo, per applicare correttamente la norma secondo cui “in caso di dichiarazione senza debito di imposta per perdite di cui agli articoli 8 e 84 (…), l’integrazione degli imponibili e’ comunque ammessa sino a 30.000 euro”.
Per le società di persone, infine, la circostanza che ciascun socio determini in autonomia il proprio imponibile integrabile, ai sensi del comma 1, in base al reddito complessivo dichiarato, potrebbe determinare possibili incongruenze tra le integrative dei soci.

I partecipanti che non potranno sanare la totalità del maggior reddito integrato dalla società e imputato per trasparenza, a causa del superamento della soglia del 30% del proprio reddito complessivo dichiarato, per evitare il rischio di autodenuncia, dovranno rettificare la differenza con ravvedimento operoso, tenendo conto che, ai fini della determinazione dell’aliquota applicabile e della sanzione ex art. 13 del DLgs. 472/97, l’imponibile oggetto di sanatoria, tassato con imposta sostitutiva del 20%, non concorre alla formazione del reddito complessivo del periodo d’imposta.