Per la Cassazione, il favor rei è circoscritto alle sole sanzioni amministrative

Di Alfio CISSELLO

La Cassazione, con la sentenza n. 24001 depositata ieri, ha affrontato una questione della massima importanza, relativa alla portata retroattiva dell’art. 6 comma 6 del DLgs. 471/97, così come riformato dalla L. 205/2017.

Mediante un ragionamento conciso e lapidario, i giudici affermano che, mentre il favor rei opera di sicuro per le sanzioni amministrative, a diverse conclusioni si deve pervenire per il disconoscimento della detrazione, in quanto il nuovo sistema non può avere effetto retroattivo, innovando completamente quello che era in essere.

In base alle regole generali, se la detrazione dell’IVA viene esercitata indebitamente in sede di liquidazione periodica, recependo ciò in dichiarazione, due sono le sanzioni irrogabili, mitigate per effetto del cumulo giuridico: l’indebita detrazione (pari al 90% dell’imposta, ex art. 6 comma 6 del DLgs. 471/97) e la dichiarazione infedele (dal 90% al 180% dell’imposta, ex art. 5 comma 4 del DLgs. 471/97).

Tuttavia, dopo le modifiche della L. 205/2017, al richiamato sesto comma è stato aggiunto un periodo: “in caso di applicazione dell’imposta in misura superiore a quella effettiva, erroneamente assolta dal cedente o prestatore, fermo restando il diritto del cessionario o committente alla detrazione ai sensi degli artt. 19 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972 n. 633, l’anzidetto cessionario o committente è punito con la sanzione amministrativa compresa fra 250 euro e 10.000 euro. La restituzione dell’imposta è esclusa qualora il versamento sia avvenuto in un contesto di frode fiscale”.

Il legislatore ha in questo modo voluto introdurre un cambio di rotta rispetto a quello che, ormai da decenni, era il costante orientamento della Cassazione, che ha trovato la copertura della giurisprudenza comunitaria.
In caso di applicazione di un’IVA superiore alla dovuta (il classico caso è l’errore di aliquota), la detrazione non può essere esercitata, siccome non basta, a tal fine, che le operazioni siano inerenti e fatturate, occorrendo altresì che siano assoggettabili ad IVA nella misura dovuta.

Così, il cedente/prestatore può chiedere il rimborso all’Erario del tributo versato, il cessionario/committente, da un lato, non può detrarre, dall’altro, può agire in restituzione nei confronti della controparte, con tutti i problemi che ciò comporta sul versante dei termini per il rimborso e la restituzione.

Ora, stante la modifica normativa, non solo sono irrogabili, per la detrazione dell’IVA addebitata in eccesso, sanzioni fisse e non proporzionali, ma la detrazione non può più essere disconosciuta.
Non può, come detto dalla Cassazione, essere messo in discussione il favor rei sulle sanzioni.

Sulle modalità concrete con cui il favor rei opera la Cassazione tace, ma si può ragionevolmente affermare che, tanto per il futuro quanto per il passato (con il limite degli atti definitivi), la sanzione passa da proporzionale a fissa. Ciò non è di poco conto, siccome, vista la legittimità della detrazione, non ci sono più effetti sul versante dichiarativo. Ipotizzando una detrazione (posta in essere solo in dichiarazione e non in sede di liquidazione periodica) indebitamente esercitata per 100.000 euro, si passa quindi da una sanzione (nel minimo) di 90.000 euro a una sanzione fissa da 250 euro a 10.000 euro.
Viene meno sia la sanzione proporzionale del 90% sull’indebita detrazione sia la sanzione, sempre proporzionale, da dichiarazione infedele, dal 90% al 180%.

Invece, per i giudici tutto muta per la detrazione.
Il sistema normativo nulla prevede per il passato, non ha valenza retroattiva “e introduce, invece, innovativamente, il riconoscimento del diritto alla detrazione dell’IVA corrisposta in misura maggiore rispetto a quanto dovuto, disciplinando quindi diversamente il regime precedente”. Inoltre, “né può dirsi che abbia valenza interpretativa, non essendo ricavabile dalla previsione in esame alcun riferimento al precedente regime in relazione al quale si intende procedere ad una chiarificazione in termini normativi della portata applicativa del regime della detrazione dell’IVA nella materia in esame”.

Numerose possono essere le perplessità su questo orientamento, specie se si condivide la tesi, sostenuta per ora solo in dottrina, secondo cui l’art. 6 comma 6 secondo periodo del DLgs. 471/97 stabilisce letteralmente “fermo restando il diritto del cessionario o committente alla detrazione”, lasciando intendere che, in realtà, la detrazione sussisteva anche in passato.

I giudici non si pronunciano, invece, in merito ad un altro aspetto su cui gli operatori devono e dovranno spesso confrontarsi: l’applicabilità del nuovo art. 6 comma 6 alle ipotesi in cui, per errore, l’IVA sia stata applicata su operazioni non imponibili, esenti o escluse.