Un documento di ricerca di CNDCEC e FNC esamina e approfondisce la questione affrontata dalla sentenza della Consulta n. 33/2018

Di Maria Francesca ARTUSI

Con un documento di ricerca pubblicato ieri, CNDCEC e FNC hanno affrontato il tema dei “confini della confisca allargata”.
Si tratta di una nota di commento alla sentenza della Corte Costituzionale n. 33/2018, con cui era stata affermata la non fondatezza della questione di legittimità relativa all’inclusione del delitto di ricettazione nel catalogo dei reati presupposto della confisca “allargata”, di cui all’art. 12-sexies del DL 306/1992 (oggi, tra l’altro, confluito nel nuovo art. 240-bis c.p. in virtù della “riserva di codice” sancita dal DLgs. 21/2018).

Tale documento è stato realizzato in collaborazione con un giudice della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Caltanissetta e coglie l’occasione non solo per fornire un sintetico ma puntuale approfondimento sul rapporto con il reato di ricettazione quale presupposto per l’applicabilità di tale forma di confisca, ma anche per toccare alcuni aspetti inerenti la compatibilità con la normativa internazionale ed europea (con particolare riguardo al tema della confisca “estesa” prevista dalla Direttiva 2014/42/UE) e la contiguità tra confisca allargata e confisca di prevenzione (quest’ultima prevista dal DLgs. 159/2011).

Per il Consiglio nazionale e la Fondazione, la sentenza presenta profili di rilievo e di novità in seno al dibattito mai sopito sugli strumenti di contrasto patrimoniale della criminalita?, lasciando trasparire un’evidente preoccupazione circa il pericolo di abusicui l’attuale assetto legislativo rischia di condurre e che ha richiesto una costante esegesi correttiva da parte della giurisprudenza, oltre che numerosi interventi da parte del legislatore (nel corso dell’ultimo anno L. 161/2017, DL 148/2017 e DLgs. 21/2018).

Venendo al tema centrale del documento, va ricordato che la Corte d’appello di Reggio Calabria aveva prospettato il fatto che l’inclusione del reato di ricettazione nel novero dei reati presupposto della confisca “allargata” contrasterebbe con l’art. 3 Cost., realizzando, da un lato, un’ingiustificata equiparazione del delitto in questione – suscettibile di manifestarsi in forma non professionale o episodica – rispetto agli altri reati presupposto di cui all’art. 12-sexies citato (per converso ordinariamente espressivi di una criminalita? lucrativa professionale); dall’altro, una altrettanto ingiustificata omogeneizzazione delle diverse possibili epifanie ricettatorie, alcune soltanto delle quali sintomatiche di una professionalità o serialità criminosa.

Nella pronuncia in commento, la Consulta ha, invece, ribadito che la ricettazione, in quanto reato contro il patrimonio, resta per sua natura un delitto idoneo a determinare un’illecita accumulazione di ricchezza e suscettibile di essere perpetrato (anche) in forma “professionale”, o comunque “continuativa”. La sproporzione tra il valore dei beni e i redditi legittimi del condannato vale da sola a fondare la misura ablativa, allorché il condannato non giustifichi la provenienza dei beni, senza che occorra alcuna ulteriore dimostrazione della loro origine delittuosa; sproporzione che – secondo i correnti indirizzi giurisprudenziali – non consiste in una qualsiasi discrepanza tra guadagni e possidenze, ma in uno squilibrio incongruo e significativo, da verificare – con onere probatorio a carico della pubblica accusa – con riferimento al momento dell’acquisizione dei singoli beni.

L’arresto della Corte costituzionale fa, peraltro, riferimento alle “diverse caratteristiche della singola vicenda concreta” e il documento di ricerca fa notare come sia importante circoscrivere temporalmente la confisca, onde evitare di onerare il condannato di una prova che diventa tanto piu? “diabolica” quanto piu? si intenda fare retroagire l’accertamento della sproporzione. Tale esigenza di una perimetrazione temporale dell’azione ablatoria è comune anche alla tematica della confisca disciplinata dal DLgs. 159/2011, tanto che la giurisprudenza di legittimita? parla di “ragionevolezza temporale” a proposito della confisca “allargata” e di “correlazione temporale” in relazione alla confisca di prevenzione.

Il documento in esame conclude proprio sottolineando che “evidenziare i tratti di contiguita? o quelli differenziali delle due forme di confisca e? un’operazione che non esaurisce la sua valenza su un piano meramente dogmatico o accademico, in quanto dal grado di convergenza delle due discipline a confronto dipende l’ambito di operatività del principio di preclusione che governa il rapporto tra pronunce sulla confisca in sede penale e pronunce sulla confisca in sede di prevenzione, atteso che gli elementi di divergenza potrebbero, in taluni casi (ad esempio nelle ipotesi in cui e? addotta, in chiave difensiva, la provenienza di risorse finanziarie da evasione fiscale), impedire la esatta sovrapponibilita? delle rispettive decisioni, disinnescando il divieto del bis in idem”.