La Cassazione conferma il pregresso orientamento, che scongiura il rischio di giudicati contrastanti

Ormai è consolidato, sin dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 14815 del 2008, l’orientamento che ritiene sussistente un litisconsorzio necessario tra società e soci nelle società di persone, relativamente ai tributi imputati per trasparenza, quindi per le imposte sui redditi.
In breve, nel momento in cui la società oppure uno qualsiasi dei soci impugnano l’atto loro notificato, la società e tutti gli altri soci devono necessariamente partecipare al processo, salvo il ricorso sia basato solo su questioni personali, come l’intervenuta decadenza dal potere di accertamento.

Detto vincolo litisconsortile sussiste sia quando l’Agenzia delle Entrate non ha notificato l’atto a tutti i soggetti, sia quando lo ha notificato a tutti ma alcuni di questi hanno ritenuto di non impugnare.
L’accertamento che rettifica il maggior reddito dichiarato dalla società ha spesso automatici riflessi anche in ambito IVA e IRAP, posto che l’elemento sintomatico di evasione ben può essere il medesimo.
Ebbene, anche per l’IVA e l’IRAP la giurisprudenza è ormai assestata nel ritenere presente il litisconsorzio necessario, ancorché si tratti di imposte proprie della società.

Ove l’Erario abbia proceduto ad un contestuale atto sul maggior reddito e sulla maggiore IVA, il profilo IVA, “che non sia suscettibile di autonoma definizione in funzione di aspetti ad esso specifici, non si sottrae neanch’esso al vincolo necessario del simultaneus processus per l’inscindibilità delle due situazioni” (Cass. 26 maggio 2017 n. 13307, il cui orientamento è stato ripreso da recentissima giurisprudenza, vedasi Cass. 9 marzo 2018 n. 5756 e Cass. 22 febbraio 2018 n. 4284).

Ad uguali conclusioni la Cassazione è pervenuta per l’IRAP.
La tesi è argomentata in ragione dell’art. 25 del DLgs. 446/97, che rinvia, in punto accertamento, al DPR 600/73, quindi anche al sistema del c.d. atto unico.
Poi, “sussiste sostanziale coincidenza degli elementi economici che costituiscono i presupposti rispettivamente dell’imposta accertata in carico alla società (IRAP) e dell’imposta a carico dei soci (IRPEF), che vincola il tributo dovuto dai soci dal giudicato sull’imposta a carico della società” (Cass. SS.UU. 20 giugno 2012 n. 10145).

Anche in tal caso, detto filone giurisprudenziale risulta recepito dalle recenti sentenze richiamate (Cass. 9 marzo 2018 n. 5756 e Cass. 22 febbraio 2018 n. 4284), ove, sorprendentemente, si continua ad affermare che, al pari delle imposte sui redditi, anche l’IRAP è imputata per trasparenza ai soci.

Ma l’IRAP non è imputata per trasparenza

Appare evidente l’intento che spinge la Cassazione ad ampliare, nel caso delle società di persone, i confini del litisconsorzio necessario.

Vero è che IVA e IRAP sono tributi della società, ma, come anticipato, è indubbio che spesso la fonte di innesco è la medesima, basti pensare al classico caso di ricavi non dichiarati.
Sarebbe allora inaccettabile che il litisconsorzio sussista solo per le imposte sui redditi.

Ove si optasse per questa tesi, se il vincolo litisconsortile non fosse stato rispettato e il processo fosse pendente in Cassazione, essa potrebbe decidere nel merito o rinviare in Regionale per IVA e/o IRAP, e rimettere necessariamente in primo grado per le imposte sui redditi.

Non solo verrebbero moltiplicati i processi, ma sarebbe alto il rischio dei giudicati contrastanti.
Il litisconsorzio si ritiene, invece, non presente nel ricorso della società avverso il ruolo scaturente da liquidazione automatica per IVA e IRAP dichiarate ma non versate (Cass. 11 maggio 2016 n. 9527).