Il potere è così «consumato» e la convocazione non può essere revocata dall’amministratore

Il socio di srl titolare di almeno 1/3 del capitale sociale è legittimato a convocare l’assemblea dei soci anche quando lo statuto demandi tale compito al solo organo amministrativo. In particolare, in caso di inerzia di quest’ultimo rispetto a una richiesta del socio, il potere in questione è esercitato “direttamente”, e così “consumato”, non potendo l’organo amministrativo, a sua volta, revocare la convocazione o procedere ad una nuova in contrasto con quella del socio stesso.
Ad affermarlo è il Tribunale di Roma, nella sentenza n. 20666/2017, alla luce delle indicazioni fornite in materia dalla pronuncia della Cassazione n. 10821/2016.

Si evidenzia, in primo luogo, come la disciplina della convocazione dell’assemblea di srl non presenti alcuna lacuna normativa da colmare tramite procedimento analogico e, dunque, attraverso l’applicazione dell’art. 2367 c.c., dettato in tema di spa. Ciò in quanto il legislatore ha formulato in materia una disciplina autonoma ed autosufficiente, avendo come riferimento la centralità del socio e della partecipazione di questi ai processi decisionali. L’applicazione analogica dell’art. 2367 c.c., inoltre, è stata correttamente esclusa anche alla luce del carattere eccezionale di tale norma (cfr. App. Lecce 23 giugno 2005).

A fronte di ciò, alla assenza di espresse indicazioni nel contesto dell’art. 2479-bis c.c. occorre sopperire attraverso una autointegrazione delle norme disciplinanti questa fase del procedimento assembleare all’interno della srl che valorizzi il ruolo centrale assunto dai soci all’interno di tale tipo societario.

Il potere di convocazione, quindi, argomentando ex art. 2479 comma 1 c.c., spetta al socio titolare (o ai soci di titolari) di almeno 1/3 del capitale sociale. Tale norma, infatti, prevede, in modo chiaro, che i soci titolari di almeno 1/3 del capitale sociale possano “sottoporre” un argomento alla decisione dei soci e non solo “richiedere” che ciò avvenga. Questo potere di sottoposizione diretta è previsto per le materie non rimesse dalla legge o dall’atto costitutivo alla competenza dei soci.

Esso, di conseguenza, deve essere riconosciuto, a fortiori, per queste ultime; sicché è corretto ritenere che, pur con formulazione tecnicamente discutibile, la legge abbia inteso proprio stabilire una regola generale di legittimazione attiva per le decisioni dei soci. Il potere dei soci di srl rappresentanti almeno 1/3 del capitale sociale di sottoporre argomenti alla discussione dell’assemblea dei soci, quindi, comporta, per via estensiva, il potere di convocazione diretta dell’assemblea su quegli stessi argomenti (nonché su quelli ai soci riservati dalla legge o dallo statuto).

Tale potere sussiste anche se lo statuto demandi la convocazione al solo organo gestorio. La previsione di cui all’art. 2479 comma 1 c.c., infatti, è regola di garanzia inderogabile ed il rinvio all’atto costitutivo per la disciplina dei “modi di convocazione dell’assemblea”, di cui all’art. 2479-bis comma 1 c.c., è da riferire alle sole modalità di convocazione in senso stretto. D’altra parte, una volta esclusa la possibilità, per il socio di minoranza, di ricorrere al Tribunale perché disponga la convocazione, ove lo statuto riservasse il potere di convocazione dell’assemblea all’organo gestorio, il socio di minoranza qualificata non avrebbe tutele rispetto all’inerzia o all’ostruzionismo dell’organo gestorio.

Tale legittimazione dei soci, comunque, non è esente da limiti. Il potere in questione non è “libero”, ma condizionato al presupposto dell’inerzia degli amministratori. In particolare, la soluzione secondo la quale si tratterebbe di un potere concorrente e sussidiario rispetto a quello dell’organo amministrativo (cfr. Trib. Milano 10 novembre 2014 e Trib. Milano 12 marzo 2013) non è ritenuta del tutto corretta ove per potere concorrente si intenda che il suo esercizio possa prescindere tanto da una preventiva richiesta all’organo amministrativo, quanto dall’effettivo comportamento omissivo di quest’ultimo. Ciò che legittima il socio ad attivare il proprio potere di procedere direttamente alla convocazione dell’assemblea è, infatti, l’inerzia dell’organo amministrativo; circostanza che rende essenziale che il socio solleciti, previamente, l’esercizio del relativo compito all’organo gestorio.

La preferenza per tale soluzione interpretativa deriva dal fatto che una effettiva concorrenza dei poteri tra soci ed amministratori potrebbe portare alla paralisi della vita societaria, facendo insorgere il rischio dello svolgimento di assemblee sostanzialmente “parallele”; ciò con grave nocumento per l’ordinato evolversi dei processi decisionali della società. Deve, quindi, escludersi che il socio possa avvalersi del potere in questione in contrasto con la legittima attività dell’organo amministrativo (al quale, in prima battuta, occorre comunque rivolgersi).

Per converso, però, una volta che il socio abbia convocato, a seguito dell’omissione dell’organo gestorio, l’assemblea, gli amministratori non potranno procedere a revocare la convocazione medesima ovvero a convocare una assemblea diversa in contrasto con quella convocata dal socio. In una simile circostanza il potere di convocazione deve intendersi “consumato” dal socio, e, di conseguenza, l’organo amministrativo decade dalla facoltà di revoca o di nuova convocazione.