Per escludere la responsabilità per un infortunio, è necessaria a prescindere dal mezzo la dimostrazione della sussistenza di una delega al preposto

Chi invoca la delega di funzioni, ex art. 16 del DLgs. 81/2008, quale esclusione della responsabilità per un infortunio sul lavoro, è tenuto alla prova rigorosa della sua effettiva esistenza, a prescindere da un atto formale di delega scritta.
Tale principio viene evidenziato dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n. 14352 depositata ieri, al termine di un lungo procedimento conseguito a un incidente mortale occorso a un lavoratore.

In realtà, per assumere rilevanza – anche penale – la delega di funzioni deve avere una serie di caratteristiche, oggi codificate dal citato art. 16: che essa risulti da atto scritto recante data certa; che il delegato possegga tutti i requisiti di professionalità ed esperienza richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate; che essa attribuisca al delegato tutti i poteri di organizzazione, gestione e controllo richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate, nonché l’autonomia di spesa necessaria allo svolgimento delle stesse; che la delega sia accettata dal delegato per iscritto.
Permane, in ogni caso, una responsabilità del delegante nei casi di inidoneità del delegato ad adempiere correttamente le funzioni affidategli (culpa in eligendo) ovvero di mancato controllo sull’operato dello stesso (culpa in vigilando).

Sebbene, dunque, la normativa faccia un chiaro riferimento alla forma scritta, la giurisprudenza penale non sempre ha ritenuto necessario tale requisito e la sentenza in commento si pone proprio nel solco di quell’orientamento per cui non è richiesta la forma scritta né per la validità della delega di funzioni (ad substantiam), né per l’accertamento dell’esistenza della stessa (ad probationem).

Nel caso in esame, al datore di lavoro e al preposto era stato contestato l’omicidio colposo, ai sensi dell’art. 589 c.p., oltre ad alcune contravvenzioni in materia antinfortunistica.
Tale procedimento era già stato oggetto di un annullamento con rinvio da parte della Suprema Corte – Cass. n. 33630/2016 – in cui era stato chiesto al giudice di merito di accertare se l’imputato rivestisse il ruolo di delegato ex art. 16 del DLgs. 81/2008 ovvero fosse un mero preposto, poiché costoro hanno due posizioni di garanzia distinte e concorrenti (si veda “Delegato e preposto con posizioni di garanzia distinte nell’antinfortunistica” del 2 agosto 2016).
In particolare, il ruolo del preposto è disciplinato dall’art. 19 del DLgs. 81/2008, quale titolare di obblighi autonomi e, dunque, responsabile con riferimento ai propri compiti a prescindere dall’attribuzione di deleghe specifiche.

All’interno dell’impresa esistono, dunque, una pluralità di “posizioni di garanzia” che si sovrappongono senza annullarsi l’una con l’altra: se più sono i titolari della posizione di garanzia od obbligo di impedire l’evento, ciascuno è, per intero, destinatario di quell’obbligo e non può fare affidamento sull’eliminazione da parte di altri coobbligati della situazione pericolosa da lui creata o consentita.

Nel corso delle indagini era stata riscontrata l’esistenza del Piano operativo di sicurezza (POS), in cui veniva anche individuato il preposto direttore di cantiere con lo specifico compito di controllare l’osservanza delle norme di sicurezza e dotato di tutti i poteri decisionali, compresi i poteri di spesa. Mentre non era chiaro se fosse avvenuto un ulteriore trasferimento di poteri e di responsabilità (delega di funzioni) tra l’amministratore unico (datore di lavoro) e tale soggetto, liberando così il primo da talune responsabilità dirette sull’infortunio avvenuto.

Nel giudizio di rinvio i giudici di merito hanno ritenuto che non vi fosse una delega di funzioni al preposto, sulla scorta dell’accertamento compiuto dal consulente del Pubblico Ministero che non aveva rinvenuto alcun atto scritto né alcuna conferma da parte del datore di lavoro circa l’esistenza di tale delega.
L’assenza della delega non viene, quindi, affermata sulla base della mancanza della forma scritta, ma sul non rinvenimento di alcuna prova che attestasse la sua sussistenza.

L’onere della prova spetta alla difesa

La Cassazione, confermando tale impostazione, si sofferma più attentamente sull’onere della prova in questo ambito. Secondo i principi generali del diritto penale, la pubblica accusa è tenuta a fornire la prova del fatto costituente reato, mentre il conferimento di una delega di funzioni – trattandosi di potenziale causa di esclusione di responsabilità per il delegante – deve essere dimostrato dalla difesa.
Nel caso in esame, l’imputato non ha fornito alcuna prova rispetto alle deleghe conferite al preposto, né tramite documento scritto, né tramite altri mezzi; pertanto i giudici di legittimità confermano la condanna del datore di lavoro, quale soggetto dotato del potere di vigilanza e di garanzia, unitamente e parallelamente al ruolo del preposto, concorrente nel reato.