Determinante la permanenza del diritto di voto in capo al cedente e l’obbligo di riacquisto

Il trasferimento della nuda proprietà delle azioni, con riserva di usufrutto, da parte del socio di maggioranza non fa sorgere il diritto di covendita in favore dei soci di minoranza, configurabile solo quando l’acquirente assuma il controllo della società per avere acquisito la maggioranza dei diritti di voto incorporati nelle azioni; laddove, in assenza di convenzione contraria ex art. 2352 comma 1 c.c., il diritto di voto nell’assemblea della spa compete unicamente all’usufruttuario. Sono queste le indicazioni che emergono dalla sentenza n. 3951 della Cassazione, depositata ieri.

Nel caso di specie, la società Alfa presentava una compagine sociale caratterizzata da un socio di maggioranza (la società Beta) e da taluni soci di minoranza (persone fisiche). Lo statuto della società Alfa conteneva una clausola di covendita, in base alla quale, in caso di trasferimento del pacchetto di maggioranza della società, era riconosciuto ai soci di minoranza il diritto di covendita, con l’acquirente obbligato ad acquistare anche le loro azioni.

La società Beta cedeva la mera nuda proprietà del proprio pacchetto azionario di maggioranza alla società Gamma, con riserva del diritto di usufrutto ed opzione di riacquisto della piena proprietà. I soci di minoranza della Alfa spa ritenevano tale operazione funzionale all’elusione della clausola statutaria di covendita ed agivano in giudizio per vedersi riconosciuto il diritto ivi previsto. Il giudice di primo grado respingeva il ricorso ritenendo che la cessione della nuda proprietà delle azioni servisse proprio ad evitare il passaggio del controllo sulla società Alfa in capo alla società Gamma, con esclusione dell’insorgenza del diritto di covendita invocato.

D’altra parte non vi era prova di alcuna simulazione del contratto di vendita, né era stato dedotto un qualsiasi esercizio del diritto di voto da parte della società Beta nell’interesse della società Gamma. Era stata, inoltre, contrattualmente pattuita l’opzione di riacquisto della piena proprietà delle azioni della Alfa spa da parte della società Beta al termine dell’usufrutto. Ad identico esito giungeva anche il giudizio d’appello, contro il quale ricorrevano per Cassazione i soci di minoranza della Alfa spa, deducendo, tra l’altro, violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e ss. c.c. e 14 delle disposizioni sulla legge in generale, ritenendosi adottata un’interpretazione “atomistica” della clausola di covendita (peraltro, senza considerare la volontà delle parti).

In particolare, la clausola doveva essere letta nel senso di ammettere il diritto di covendita in tutti i casi in cui il controllo assembleare sia possibile anche in futuro e, quindi, anche quando vi sia un soggetto che disponga non solo della maggioranza attuale dei voti nell’assemblea ordinaria ma anche della maggioranza potenziale; situazione nella quale si trovava la società Gamma. La decisione d’appello, inoltre, appariva contraddittoria nella parte in cui, da un lato, riconosceva il diritto di covendita nell’ipotesi di alienazione di strumenti finanziari, ove l’acquisto della maggioranza dei voti appare evento futuro e incerto, mentre, dall’altro, l’escludeva nell’ipotesi di trasferimento della nuda proprietà delle azioni, dove la disponibilità della maggioranza dei voti in capo al nudo proprietario verrebbe ad essere certamente acquisita in futuro (a seguito di estinzione dell’usufrutto o per rinuncia o non uso o abuso del titolare dell’usufrutto).

La Cassazione ritiene infondati i motivi di ricorso. Ed, infatti, con un giudizio di fatto – come tale non suscettibile di essere posto in discussione dinanzi ai giudici di legittimità – la Corte d’Appello interpretava l’accordo negoziale tra le parti nel senso del trasferimento della nuda proprietà delle azioni della Alfa spa con riserva di usufrutto in capo alla società Beta. Pertanto, non poteva considerarsi sorto il diritto di covendita in favore degli altri soci, configurabile solo quando l’acquirente assuma il controllo della società per avere acquistato la maggioranza dei diritti di voto incorporati nelle azioni. E in effetti, il diritto di voto nell’assemblea della società, per le azioni che siano state date in usufrutto, compete, salvo convenzione contraria, unicamente all’usufruttuario, il quale esercita al riguardo un diritto suo proprio e perciò non è obbligato ad attenersi alle eventuali istruzioni di voto che gli abbia impartito il nudo proprietario (così Cass. n. 7614/1996).

Inoltre, in modo ritenuto assolutamente “plausibile”, la decisione di merito traeva conferma della propria conclusione dalla previsione contrattuale dell’opzione di riacquisto della piena proprietà delle azioni della Alfa spa da parte della società Beta; circostanza che rende remoto e non prevedibile l’acquisto della maggioranza dei diritti di voto da parte della società Gamma.

La soluzione raggiunta, poi, è reputata coerente sia con il principio della libera trasferibilità dei titoli partecipativi, che impone un’interpretazione restrittiva delle clausole che la limitino, come è da leggere quella in esame, che con l’immediata operatività del diritto di rivendita nel diverso caso dell’alienazione di strumenti finanziari (come il diritto di opzione, le obbligazioni convertibili o i warrant) il cui possesso consente all’acquirente di consolidare la posizione di controllo nella società sulla base di una scelta discrezionale, che, invece, non compete al nudo proprietario.