L’estensione dei soggetti beneficiari deve essere tenuta in considerazione per la pianificazione fiscale

Di MARCO MARANI

Con riferimento alla disciplina del credito di imposta per attività di ricerca e sviluppo di cui all’art. 3 del DL 145/2013, nella business community è poco sponsorizzata l’estensione, tra i soggetti beneficiari, dell’agevolazione ai soggetti fiscalmente residenti in Italia che svolgono attività per conto di committenti non residenti e privi di stabile organizzazione in Italia.

Nell’impianto normativo originario risultavano esclusi dal beneficio i soggetti italiani che effettuavano attività di ricerca e sviluppo su commissione di terzi e che, riaddebitando i costi, non rimanevano incisi dei relativi oneri. Il credito di imposta non era così fruibile per quei (pochi, ma d’eccellenza) centri italiani che operano attività di ricerca su commissione di soggetti non residenti, essendo anche questi avulsi dall’accesso al credito per mancanza del presupposto di territorialità.

Accogliendo le richieste delle associazioni di categoria, la legge di bilancio 2017 ha modificato l’originale impostazione includendo nelle fattispecie agevolate anche le attività di ricerca e sviluppo svolte da imprese che operano sul territorio nazionale in base a contratti di committenza con imprese estere.
L’estensione ha effetto, per i soggetti “solari”, per le spese sostenute – secondo l’accezione della competenza fiscale di cui all’art. 109 del TUIR, criterio generale da seguire a prescindere dal trattamento o dai principi contabili adottati – dal 2017, anche nel caso in cui traggano origine da contratti di ricerca stipulati in precedenza ed ancora in corso di esecuzione (circ. Agenzia delle Entrate n. 13/2017, § 1.6).

Analogamente a quanto avviene per l’impresa che effettua investimenti in proprio, il soggetto commissionario residente che esegue le attività su commessa estera deve anzitutto verificare che le attività di ricerca e sviluppo oggetto del contratto rientrino tra quelle eleggibili e che la spesa complessiva per investimenti in ricerca e sviluppo sostenuta nel periodo di imposta sia pari almeno a euro 30.000. A questi effetti non assume rilievo il corrispettivo contrattuale pattuito con il committente estero, ma la somma delle singole voci di spesa, analiticamente documentate, appartenenti alle varie categorie di costi ammissibili, da individuare sempre secondo le regole dell’art. 109 del TUIR.

In caso di esito positivo, occorre calcolare la differenza positiva tra detta spesa complessiva e la media delle spese sostenute nel triennio 2012-2014, per poi calcolare il credito di imposta, spettante per un importo pari al 50% della predetta eccedenza positiva (con un limite di 20 milioni a titolo di credito di imposta per ciascun periodo di imposta).

Affinché possa operare l’estensione ai centri di ricerca commissionari italiani, è necessario che il committente estero sia residente o localizzato in Stati membridell’Ue, in Stati aderenti all’accordo sullo Spazio economico europeo (Islanda, Liechtenstein e Norvegia) ovvero in Stati compresi nell’elenco di cui al decreto del Ministro delle Finanze 4 settembre 1996 (vale a dire Paesi e territori “collaborativi”).

Benché la norma faccia letteralmente riferimento, quanto al committente estero, alle “imprese”, con una interpretazione estensiva l’Agenzia delle Entrate, nella circolare n. 13/2017, ha ritenuto che il riferimento testuale non debba essere inteso in senso restrittivo e che, pertanto, l’attribuzione del credito di imposta al soggetto commissionario residente possa spettare anche nel caso in cui la controparte contrattuale sia, ad esempio, una Università o un altro ente o organismo di ricercanon residente, ivi inclusi gli organismi comunitari.

Spese agevolabili anche in caso di contratto con parte correlata

La disposizione in esame si applica non solo nell’ipotesi in cui le spese agevolabilisiano sostenute dal soggetto residente per l’esecuzione di un contratto di ricerca stipulato con una controparte contrattuale indipendente, ma anche nell’ipotesi in cui il contratto sia stipulato con una parte correlata (ad esempio, tra la società capogruppo estera e la società controllata italiana dedita alle attività di ricerca e sviluppo), nonché ovviamente nel caso in cui le spese agevolabili siano sostenute da una stabile organizzazione in Italia in esecuzione degli accordi intercorrenti con la casa madre estera.

In quest’ultima fattispecie, ai fini dei successivi controlli, secondo le Entrate la stabile organizzazione deve aver cura di predisporre, per ogni progetto di ricerca, una relazione descrittiva delle attività svolte corredata da un prospetto di raccordo tra le spese, rilevanti ai fini della determinazione del credito di imposta, la loro imputazione contabile nonché la relativa ripartizione per singolo centro di costo.

A parere di chi scrive, si tratta di una estensione da accogliere con grande favore e da sponsorizzare, in quanto permette di allargare il perimetro dei soggetti in grado di predisporre, per il 2018 e sino al 2020 (ultimo periodo di imposta agevolabile), una lecita pianificazione fiscale.