La nuova massima n. 170 del Consiglio notarile di Milano esamina la combinazione tra tali clausole e l’operazione straordinaria

Di Maurizio MEOLI

Il Consiglio notarile di Milano ha predisposto una serie di nuove massime (nn. 163170del 7 novembre 2017) in materia di strumenti finanziari partecipativi (sfp), azioni e aumento di capitale.
Quest’ultimo tema, in particolare, è affrontato nella massima n. 170, fornendo importanti precisazioni in ordine alla combinazione di tale operazione straordinaria con le clausole di “earn out” e di “bonus shares”.

Le prime (“earn out”) sono, in genere, collocate nelle cessioni di partecipazioni societarie o di aziende e prevedono che il pagamento del prezzo o di una parte di esso sia vincolato a un determinato risultato (soprattutto di carattere economico) o al verificarsi di una situazione della società/azienda acquisita in un momento successivo a quello in cui avviene il trasferimento. Il prezzo definitivo, quindi, è correlato a eventi futuri che possono anche non dipendere dalle parti (si pensi, ad esempio, all’andamento del mercato).

Le seconde (“bonus shares”), invece, sono normalmente previste nel contesto di un’offerta pubblica di azioni destinata agli investitori retail, quale incentivo ad acquistare o sottoscrivere i titoli offerti. Esse riconoscono a coloro che conservano la proprietà delle azioni oggetto dell’offerta per un determinato (e ininterrotto) periodo di tempo il diritto di ricevere a titolo gratuito un determinato quantitativo dei medesimi titoli.

La massima n. 170 del Consiglio notarile di Milano precisa ora che, in caso di aumento di capitale con conferimenti in natura, è da ritenere legittima la previsione di emissione, con efficacia in un momento successivo alla sottoscrizione dell’aumento, di un numero di azioni ulteriori rispetto a quelle emesse nel momento della sottoscrizione, al verificarsi di condizioni che attengono all’oggetto del conferimento; quali, ad esempio, il raggiungimento di determinati risultati economici dell’azienda conferita o della società le cui partecipazioni sono state conferite (in tal modo, sottolinea la massima, si realizza un effetto analogo al c.d. “earn out” sopra descritto).
Questa operatività presenta differenti conseguenze a secondo che la società abbia emesso azioni con o senza valore nominale (espresso).

In presenza di azioni con valore nominale (espresso), infatti, si verificherà una successiva e ulteriore variazione del capitale sociale. Questa deve essere subordinata alla circostanza che la relazione di stima, ai sensi degli artt. 2343 c.c. o 2343-ter c.c., attesti che il valore di quanto conferito sia almeno pari all’ammontare dell’aumento di capitale comprendente anche l’importo dell’“earn out”.
Qualora, invece, la società abbia azioni prive di indicazione del valore nominale, la deliberazione che prevedesse la successiva (ed eventuale) emissione di nuove azioni a favore del sottoscrittore potrebbe disporre la sola variazione del numero di azioni di compendio dell’aumento di capitale, mantenendo fermo l’importo dell’aumento di capitale (con conseguente riduzione della parità contabile delle azioni precedentemente emesse), senza necessità della ulteriore “copertura” da parte della relazione di stima.

In caso di aumento di capitale in denaro, inoltre, è considerata legittima la deliberazione di aumento che preveda l’emissione, con efficacia in un momento successivo alla sottoscrizione dell’aumento, di un numero di azioni ulteriori rispetto a quelle emesse nel momento della sottoscrizione, al verificarsi di condizioni “soggettive”riguardanti ciascun sottoscrittore. Si pensi, ad esempio, alla mancata alienazione delle azioni sottoscritte per un determinato periodo di tempo (dando così luogo all’emissione delle c.d. “bonus shares” per premiare la fedeltà degli azionisti).
Anche in relazione a tale modalità di aumento di capitale occorre distinguere a secondo che la società abbia emesso azioni con o senza valore nominale (espresso).

In mancanza di indicazione del valore nominale delle azioni, infatti, la deliberazione di aumento può limitarsi a prevedere l’incremento del numero di azioni emesse a fronte del medesimo conferimento in denaro, senza alcuna modifica dell’importo dell’aumento, bensì con conseguente riduzione della parità contabile delle azioni precedentemente emesse.
Diversamente, qualora la società abbia azioni con indicazione del valore nominale, l’emissione delle “bonus shares” comporta una ulteriore variazione dell’importo dell’aumento che deve pertanto essere “coperto” da quanto versato dai sottoscrittori in sede di liberazione delle azioni iniziali. In particolare, si dovrà procedere a imputare a capitale, al momento dell’emissione delle “bonus shares”, una corrispondente parte della riserva vincolata creata in  occasione dell’avvio dell’operazione di aumento.

In ogni caso, conclude la massima, la relazione degli amministratori e il parere dicongruità del Collegio sindacale di cui all’art. 2441 comma 6 c.c. – salvo rinuncia all’unanimità dei soci – devono riferirsi al numero massimo delle azioni oggetto di emissione, comprensivo quindi di quelle da assegnare a titolo di “earn out” o di “bonus shares”.