Non vengono però sanzionate le condotte antecedenti alla risoluzione n. 140/2017, se il credito esiste ed è utilizzabile

Di Alfio CISSELLO e Massimo NEGRO

L’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 140 pubblicata ieri, prende posizione sulla legittimità del pagamento dei debiti fiscali mediante compensazione con crediti d’imposta a seguito del c.d. “accollo fiscale”, fornendo, come era prevedibile, una risposta negativa.
Tuttavia, si specifica che, ove il credito oggetto di compensazione sia esistente e utilizzabile, non verranno, per il pregresso, irrogate sanzioni amministrative.

Si tratta di un tema che avevamo diverse volte trattato su Eutekne.info e, nello sconsigliare tale operazione, avevamo anche ipotizzato che il tutto potesse essere ritenuto elusivo non solo della disciplina sulla compensazione, ma anche di quella relativa alla cessione dei crediti d’imposta (da ultimo, si veda “Blocco delle compensazioni effettuate con l’accollo fiscale” del 2 novembre 2017), argomento, quest’ultimo, su cui le Entrate non prendono posizione.

Si ricorda che alcuni contribuenti, su consiglio di vari consulenti finanziari, talvolta “spalleggiati” da professionisti di diverso genere, proponevano, per risparmiare una quota delle imposte, la seguente operazione.
Il debito del contribuente (accollato) veniva pagato da una terza società (accollante), che lo onorava non pagandolo direttamente bensì mediante compensazione con un proprio credito, credito che a sua volta l’accollante aveva acquistato da soggetti che, per varie ragioni, non potevano monetizzarlo.
Nel modello F24, venivano indicati due codici fiscali, inserendo il codice “62”, denominato “soggetto diverso dal fruitore del credito” (ris. Agenzia delle Entrate 22 dicembre 2009 n. 286).
Poi, il contribuente (accollato) corrispondeva all’accollante una percentuale del valore del proprio debito, risparmiando così la differenza.

L’Agenzia delle Entrate richiama innanzitutto l’art. 8 comma 2 della L. 212/2000, secondo cui è ammesso l’accollo del debito d’imposta, senza liberazione del contribuente originario.
Tuttavia, nel momento in cui l’accollante paga mediante compensazione con un proprio credito, entra in gioco la compensazione, disciplinata dalla normativa tributaria di riferimento (in primis dall’art. 17 del DLgs. 241/97), che, allo stato attuale, non solo non prevede il caso dell’accollo, ma richiede che la compensazione avvenga unicamente tra i medesimi soggetti.
Come rammentato dalla giurisprudenza varie volte, l’estinzione del debito mediante compensazione può avvenire, nel settore tributario, solo ove la legge lo ammetta espressamente.

Sanzioni diverse per accollato e accollante

Non verranno però sanzionati, per obiettiva incertezza normativa, i pagamenti eseguiti con compensazione a seguito di accollo antecedenti alla pubblicazione della risoluzione, mentre lo saranno quelli eseguiti dopo, ancorché il contratto di accollo sia stato redatto prima.
Ciò, e questo è un elemento da tenere in considerazione, sempre che il credito sia esistente e utilizzabile.

Per il futuro, l’Agenzia delle Entrate fornisce, sul lato sanzionatorio, una soluzione interessante:
– l’accollato, considerato che il debito non è stato estinto in ragione dell’illegittimità dell’accollo mediante compensazione, è punibile per omesso versamento di tributi ex art. 13 comma 1 del DLgs. 471/97;
– l’accollante, dal canto suo, ha commesso una compensazione indebita, quindi può essere soggetto alla relativa sanzione, che, se si tratta di credito inesistente, va dal 100% al 200%, ex art. 13 comma 5 del DLgs. 471/97.
In quest’ultima ipotesi, se il credito è esistente, ferma restando la sanzione del 30% per indebita compensazione (art. 13 comma 4 del DLgs. 471/97), recuperata l’imposta a carico dell’accollato, il credito tornerà utilizzabile.