I giudici hanno introdotto un ulteriore elemento di valutazione: l’eventuale ruolo apicale rivestito all’interno della struttura operativa altrui

Di Alessandro BORGOGLIO

Non è soggetto ad IRAP il professionista inserito in una struttura operativa altrui, qualora non ne detenga la personale disponibilità, assumendo però rilievo, ai fini della valutazione di tale disponibilità, anche l’eventuale ruolo apicale da lui rivestito all’interno della medesima. È questo l’importante principio desumibile dall’ordinanza della Cassazione n. 25245/2017.

Si ricorda, innanzitutto, che le Sezioni Unite (Cass. n. 9451/2016) hanno ormai definitivamente stabilito che il requisito dell’autonoma organizzazione, presupposto impositivo dell’IRAP, ricorre quando il contribuente: sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive.

Non sussiste, pertanto, autonoma organizzazione nel caso in cui un medico convenzionato si avvalga di un dipendente addetto all’accesso dei pazienti, elemento non suscettibile di combinarsi con il lavoro del professionista, di potenziarne le possibilità e di porre il professionista medesimo in una condizione più favorevole (Cass. n. 19167/2016).

Se, però, quello stesso medico si avvale massicciamente del lavoro altrui o è inserito pienamente in strutture sanitarie esterne, risulta allora integrato il requisito dell’autonoma organizzazione?
La Suprema Corte, in passato, ha stabilito che non sono soggetti ad IRAP i proventi che un lavoratore autonomo percepisca come compenso per le attività svolte all’interno di una struttura da altri organizzata, sicché non scontano l’imposta i compensi che un medico percepisca per le attività da lui svolte extra moenia presso strutture sanitarie (cfr. Cass. n. 21139/2016).
Non integra il requisito dell’autonoma organizzazione neppure il medico esercente l’attività presso una casa di cura privata, che eroghi elevati compensi a terzi per remunerare sostituzioni temporanee, atteso che detti compensi non sono dotati del carattere della stabilità, essendo invece inquadrabili tra le prestazioni occasionali (cfr. Cass. n. 21330/2016).
All’inizio di quest’anno, inoltre, è stato stabilito che non è soggetto ad IRAP neanche il medico analista che svolga la sua professione senza avvalersi di personale dipendente, anche qualora i costi documentati consistano quasi esclusivamente nei compensi corrisposti ad un centro di analisi esterno a cui il medico faccia ricorso continuo e sistematico (cfr. Cass. n. 7253/2017).

Con la pronuncia in commento, i giudici di legittimità, però, hanno introdotto un ulteriore singolare elemento di valutazione ai fini dell’integrazione del requisito dell’autonoma organizzazione: l’eventuale ruolo apicale rivestito all’interno della struttura esterna presso la quale opera il professionista.
Il caso riguarda – ancora una volta – un medico, inserito stabilmente nel contesto di un istituto clinico, ragion per cui il Fisco aveva accertato in capo al professionista la sussistenza del presupposto impositivo dell’IRAP.

I giudici di merito avevano dato ragione all’Ufficio, ma la Cassazione, riprendendo la sua giurisprudenza pregressa, ha ribadito che il collegio regionale non poteva invero desumere il requisito dell’autonoma organizzazione dal solo fatto che l’esercente l’attività professionale si fosse avvalso di una compagine di supporto, senza estendere l’accertamento alla natura, ossia alla struttura ed alla funzione, dei vari rapporti giuridici.

Nel caso in esame, infatti, il contribuente lavorava presso la struttura sanitaria della cui organizzazione aveva usufruito, ma ciò comportava per il giudice di merito la necessità di verificare se ciò fosse avvenuto all’interno di una struttura sanitaria di cui questi avesse avuto la personale disponibilità, anche alla luce di eventuali ruoli apicali rivesti all’interno del comparto di proprio riferimento.

La posizione apicale potrebbe integrare l’autonoma organizzazione

In sostanza, sebbene la motivazione non indugi oltre sul punto, sembrerebbe che per la Suprema Corte l’eventuale posizione apicale ricoperta dal professionista all’interno della struttura altrui possa determinare l’integrazione del requisito dell’autonoma organizzazione: si potrebbe ipotizzare, ad esempio, che se il medico fosse il responsabile (primario) del proprio reparto, avrebbe in sostanza la personale disponibilità di quella struttura, sebbene di proprietà di terzi, e quindi risulterebbe integrato il presupposto impositivo.

Naturalmente si tratta di conclusioni che sono estendibili alla generalità dei professionisti, al di là del settore sanitario, ma che soprattutto richiedono una conferma da parte della giurisprudenza di legittimità.