Gli F24 con codice «62» probabilmente saranno scartati all’origine, evitando ingenti contenziosi

Di ALFIO CISSELLO E MASSIMO NEGRO

Una delle novità del disegno di legge di bilancio 2018 riguarda la previsione di introdurre, nell’art. 37 del DL 223 del 2006, il comma 49-ter, che prevede una forma di controllo preventivo delle compensazioni effettuate nel modello F24.

La norma, se il testo venisse confermato, così recita: “l’Agenzia delle entrate può sospendere, fino a trenta giorni, l’esecuzione delle deleghe di pagamento di cui agli articoli 17 e seguenti del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, contenenti compensazioni che presentano profili di rischio, al fine del controllo dell’utilizzo del credito. Se all’esito del controllo il credito risulta correttamente utilizzato, ovvero decorsi trenta giorni dalla data di presentazione della delega di pagamento, la delega è eseguita e le compensazioni e i versamenti in essa contenuti sono considerati effettuati alla data stessa della loro effettuazione; diversamente la delega di pagamento non è eseguita e i versamenti e le compensazioni si considerarono non effettuati. In tal caso la struttura di gestione dei versamenti unificati di cui all’articolo 22 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241 non contabilizza i versamenti e le compensazioni indicate nella delega di pagamento e non effettua le relative regolazioni contabili. Con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate sono stabiliti i criteri e le modalità di attuazione del presente comma”.

Il motivo di ciò viene puntualizzato nella Relazione tecnica al disegno di legge, che elenca tre principali fattispecie in cui la compensazione sarà, molto presumibilmente, vagliata con molta attenzione al fine dell’eventuale blocco:
– utilizzo del credito in compensazione da parte di un soggetto diverso dal titolare del credito stesso;
– compensazioni di crediti che, in base a quanto indicato nel modello F24, sono riferiti ad anni d’imposta molto anteriori rispetto all’anno in cui è stata effettuata l’operazione;
– crediti utilizzati in compensazione ai fini del pagamento di debiti iscritti a ruolo.

Sul terzo caso non c’è molto da dire, in quanto si vuole evitare l’inosservanza della normativa che regola la compensazione di crediti con debiti tributari iscritti a ruolo, di cui all’art. 31 del DL 78/2010.
Le prime due ipotesi sono invece, in un certo senso, “più attuali”. Infatti, viene subito in mente l’istituto dell’accollo tributario, che, sebbene sia formalmente lecito e ammesso ai sensi dell’art. 8 della L. 212/2000 (tralasciando in questa sede il discorso relativo alla mancata emanazione dei decreti attuativi), è, se utilizzato in un certo modo, foriero di rischi di non poco conto.

Di certo, il Fisco avrebbe poco da obiettare se A (accollante) paga il debito tributario di B (accollato), versando materialmente le somme nelle casse dell’Erario.
Ma nel momento in cui A (accollante) paga il debito di B (accollato) con un credito acquistato da C (cedente il credito), A riveste, sostanzialmente, lo status sia di accollante che di cessionario del credito d’imposta.
Ecco che questo istituto potrebbe essere ritenuto elusivo della disciplina, ricca di garanzie per l’Erario, sulla cessione dei crediti d’imposta.

Inoltre, i crediti acquistati solo in determinate occasioni possono essere compensati con debiti tributari del cessionario, quindi, volendo essere precisi, l’elusione potrebbe riguardare anche la normativa in tema di compensazione.

Nel mirino anche i crediti d’imposta molto risalenti

Il fenomeno, come pubblicizzato su molti articoli della stampa anche non specializzata, è molto attuale, vista la frequenza con cui viene proposto il pagamento del debito mediante accollo, con compensazione di crediti, inserendo nel modello F24 il codice “62” (denominato “soggetto diverso dal fruitore del credito”, ris. Agenzia delle Entrate 22 dicembre 2009 n. 286), oltre, naturalmente, ai codici fiscali dell’accollante e dell’accollato.
Se la compensazione venisse ritenuta illegittima, anche se il credito fosse esistente, l’accollante e l’accollato rischierebbero, in caso di superamento della soglia dei 50.000 euro annui, di integrare gli estremi del delitto di indebita compensazione in concorso tra di loro.
Invece, se il modello F24 viene bloccato si evitano sia questi rischi sanzionatori sia, in special modo, l’attivazione di ingenti contenziosi.
Volendo essere molto rigorosi, la violazione penale potrebbe essere punibile a titolo di tentativo, ma nulla di più.

Insomma, una norma ben pensata, che, da un lato, evita alla radice sia i contenziosi sia l’irrogazione di sanzioni e, dall’altro, non lede i diritti dei contribuenti.
Almeno, non li lede nella misura in cui, come auspicabile, si ammetta una tutela giudiziale contro l’atto mediante il quale si comunica l’avvenuto blocco della compensazione, ma per ulteriori considerazioni non resta che attendere l’approvazione del provvedimento attuativo.