Con l’aumento del tasso di interesse da parte della Bce tornano applicabili le regole del TUIR

Di Pamela ALBERTI e Alessandro COTTO

Superando la misura ipotizzata a giugno, nella riunione della Bce di ieri è stato aumentato di 50 punti base il tasso di interesse di riferimento (TUR), che passa così dallo 0% allo 0,50% a partire dal prossimo 27 luglio.
La Bce ribadisce che nelle prossime riunioni del Consiglio direttivo sarà opportuna un’ulteriore “normalizzazione dei tassi di interesse”, aprendo a un graduale, ma duraturo, percorso di crescita dei tassi.

La modifica di ieri e quelle che forse verranno nel futuro hanno anche un impatto sul piano fiscale, in quanto sono diverse le disposizioni che, a vario titolo, fanno riferimento al TUR (cfr. la voce di Guide Tasso ufficiale di riferimento).

Con specifico riferimento al reddito di lavoro dipendente, ai sensi dell’art. 51 comma 4 lettera b) del TUIR, in caso di concessione diretta di prestiti ai dipendenti (o del diritto di ottenerli da terzi), il fringe benefit è costituito dal 50% della differenza tra:
– l’importo degli interessi calcolato in base al tasso ufficiale di sconto (TUS, ora tasso ufficiale di riferimento stabilito dalla Banca centrale europea) vigente al termine di ciascun anno;
– l’importo degli interessi calcolato al tasso applicato sugli stessi.

La norma, a chiaro contenuto agevolativo, interviene solo nel caso in cui il tasso d’interesse applicato dal datore di lavoro sia inferiore al TUR, ipotizzando che il TUR individui forfetariamente il valore di mercato del costo del finanziamento.
Naturalmente, se il valore di mercato è pari zero non si ha tassazione.

Con la risoluzione n. 46/2010, l’Agenzia delle Entrate ha riconosciuto che il richiamato criterio del TUIR si applica anche nell’ipotesi in cui il datore di lavoro eroghi, direttamente sul conto corrente che il dipendente mutuatario ha dedicato al pagamento del mutuo, un contributo aziendale a copertura di una quota degli interessi maturati. In tal caso, infatti, sempreché le modalità di accreditamento della somma realizzino un collegamento immediato e univoco tra l’erogazione aziendale e il pagamento degli interessi del mutuo, concorrerà alla formazione del reddito di lavoro dipendente, anziché l’intero importo degli interessi pagati dal datore di lavoro, il 50% dell’ammontare risultante dalla differenza tra gli interessi calcolati al tasso ufficiale di sconto vigente al 31 dicembre di ciascun anno e gli interessi rimasti a carico del dipendente.
In tale prospettiva, anche il credito welfare destinato quale “contributo azienda su interessi per finanziamenti” concorre alla formazione del reddito di lavoro dipendente nei limiti previsti dall’art. 51 comma 4 del TUIR (così ris. Agenzia Entrate n. 55/2020).

Alla luce della disciplina sopra esposta, se nel corso del 2021 il datore di lavoro ha rimborsato tutti gli interessi passivi del dipendente, in capo a quest’ultimo non si è formato alcun fringe benefit tassato, in quanto a fine 2021 il TUR era ancora pari a zero.
Con il cambiamento di scenario cui si è fatto cenno, la questione si complica anche se, ai fini delle ritenute da effettuare fino a fine anno, occorre considerare il TUR vigente alla fine del 2021, salvo effettuare il conguaglio, che terrà conto del TUR vigente al termine del 2022 (circ. 17 maggio 2000 n. 98, § 5.2.1).
Quindi, in concreto, anche dopo l’aumento disposto dalla Bce, il datore di lavoro nei prossimi mesi non dovrà fare nulla; calcolerà poi il fringe benefit in sede di conguaglio con il tasso in vigore a fine anno che, per quanto sopra riferito, potrebbe essere anche superiore allo 0,50%.

Si ipotizzi quindi un prestito a un dipendente con le seguenti caratteristiche:
– quota capitale: 80.000 euro;
– TUR pari allo 0,50%, con interessi pari a 400 euro;
– tasso effettivamente applicato dalla banca pari al 2%, con interessi pari a 1.600 euro coperti da un contributo riconosciuto dal datore di lavoro di 1.600 euro, con conseguente importo complessivo degli interessi a carico pari a zero.
In tal caso, la differenza tra gli interessi è 400 euro e il fringe benefit è pari a 200 e concorre a formare la soglia di “esenzione” di 258,23 euro.

Nell’ipotesi in cui il TUR venga poi ulteriormente innalzato, ad esempio in misura pari a 0,75%, considerando i medesimi dati sopra esposti il fringe benefit sarebbe pari a 300 (considerando il 50% della differenza tra gli interessi calcolati sul TUR pari a 600 e gli interessi effettivi pari a zero), superando quindi già di per sé la suddetta soglia e rendendo imponibile per il dipendente l’intero importo, unitamente agli altri eventuali fringe benefit ricevuti. Anche tale effetto dovrà essere considerato al momento del conguaglio.

Nel caso in cui il rimborso degli interessi sia solo parziale, occorre verificare che il tasso effettivamente a carico del dipendente non superi quello del TUR.
Se anziché rimborsare l’intero importo degli interessi, nell’esempio sopra proposto, il datore di lavoro rimborsasse solo 800 euro, il tasso effettivo sarebbe comunque superiore a quello della Bce, con la conseguenza che non ci sarebbe alcun compenso in natura, come è accaduto dal 2016 a oggi.