Gli scenari devono mettere in evidenza le conseguenze prodotte dalle stime che sfuggono maggiormente dal controllo dell’imprenditore

Di Fabrizio BAVA e Alain DEVALLE

La stima dei flussi prospettici nell’ambito del piano di risanamento (si veda “Arco temporale del piano di risanamento limitato a cinque anni” del 14 febbraio 2022) è strumentale all’identificazione della “manovra finanziaria” e degli accordi da proporre ai creditori.

Il punto 5 della check list proposta dall’allegato al decreto dirigenziale 28 settembre 2021 si occupa del risanamento del debito.
Il piano di risanamento deve presentare flussi prospettici positivi affinché possano essere in grado di servire il debito e l’esperto è chiamato a verificare che il piano tenga adeguatamente conto dei fattori di rischio e delle incertezze a cui è esposta l’impresa. A tal fine, il piano deve comprendere adeguate “prove di resistenza (stress test)”, cioè scenari che mettano in evidenza le conseguenze prodotte dalle stime che sfuggono maggiormente dal controllo dell’imprenditore.

Si pensi, per citare un esempio attuale, al potenziale effetto negativo sulla stima dei flussi prospettici, di un incremento dei costi dell’energia nell’arco temporale del piano. È anche necessario che tali scenari siano coerenti con i rischi emersi a seguito delle interviste effettuate dall’esperto alle diverse funzioni aziendali e delle prospettive di mercato.

Nel caso in cui la generazione di flussi positivi al servizio del debito dipenda solo dalle iniziative industriali, l’imprenditore deve sottoporre a stress test specifico anche l’esito atteso delle iniziative industriali. Spesso nei piani aziendali vengono sottostimati i tempi di entrata in produzione di investimenti con il conseguente slittamento della produzione di ricavi.

Il piano deve correttamente identificare l’ammontare del debito che deve essere servito nei singoli anni del piano.
In particolare, il debito da servire corrisponde a:
– debito scaduto;
– debito già riscadenziato o differito;
– debito interessato da moratorie ex lege;
– linee di credito bancarie utilizzate delle quali non ci si attende il rinnovo;
– rate di mutuo e finanziamenti in scadenza.

Il piano di risanamento deve essere analitico, deve cioè indicare, per le singole annualità, come si intende fronteggiare il debito che deve essere coperto attraverso i flussi al servizio dello stesso.
Deve cioè essere illustrato l’impatto, nelle singole annualità del piano di risanamento, delle proposte alle parti interessate. Nel caso di società di capitali che prevedono un capitale sociale minimo, è anche necessario verificare che sia rispettato tale minimo legale del capitale sociale nei singoli esercizi del piano.

La check list si conclude con il punto 6 relativo ai gruppi di imprese. Il risanamento di imprese che fanno parte di un gruppo presenta infatti diverse specificità di cui è necessario tenere conto. In alcuni casi potranno essere presenti partecipazioni che possono essere considerate surplus assets, cedibili pertanto nell’ambito delle strategie di risanamento, mentre in altri casi, si tratterà di investimenti strumentali all’esercizio dell’attività e, conseguentemente, il piano di risanamento dovrà adeguatamente tenere conto anche dell’esigenza di preservare la continuità a tali imprese.

Il documento sottolinea che in presenza di più imprese appartenenti al medesimo gruppo, può essere necessario redigere il piano per ogni singola impresa, mettendo in evidenza i rapporti economici, finanziari e patrimoniali infragruppo. È possibile che le imprese che presentano difficoltà economico-finanziarie o patrimoniali siano più di una e, in tali casi, bisognerà identificare quali soluzioni adottare per risolverle.

È inoltre necessario identificare per quali altre imprese del gruppo la continuità aziendale è condizionata dall’esito favorevole della composizione negoziale. L’esperto, inoltre, deve verificare che le operazioni infragruppo indicate nel piano non siano potenzialmente tali da arrecare un pregiudizio ai creditori di un’altra impresa del gruppo.