La causa di esclusione si perfeziona con l’integrale versamento del dovuto; procedura non fruibile in caso di fraudolenza, simulazione e falsità

Di Maria Francesca ARTUSI

L’art. 5 del DL 21 ottobre 2021 n. 146 (decreto “fiscale”) definisce una procedura di riversamento per i soggetti che, alla data di entrata in vigore del decreto medesimo, abbiano utilizzato in compensazione il credito di imposta per l’attività di ricerca e sviluppo ai sensi del DL 145/2013 convertito. La procedura ivi prevista può avere alcuni effetti anche alla luce della responsabilità penale, con particolare riguardo al reato di indebita compensazione, che punisce chi non versa le somme dovute, utilizzando crediti non spettanti o inesistenti in compensazione, ai sensi dell’art. 17 del DLgs. 241/1997, per un importo annuo superiore a 50.000 euro.

L’art. 5 comma 11 del decreto fiscale specifica, infatti, che in esito al corretto perfezionamento della procedura di riversamento è esclusa la punibilità per il delitto previsto dall’art. 10-quater del DLgs. 74/2000. Si tratta dunque di una causa di esclusione della punibilità che si perfeziona con l’integrale versamento del dovuto (così come avviene per la causa di non punibilità disciplinata dall’art. 13 del DLgs. 74/2000).

Inoltre, al comma 8, viene precisato che l’accesso alla procedura è in ogni caso escluso nelle situazioni in cui il credito d’imposta utilizzato in compensazione sia il risultato di condotte fraudolente, di fattispecie oggettivamente o soggettivamente simulate, di false rappresentazioni della realtà basate sull’utilizzo di documenti falsi o di fatture che documentano operazioni inesistenti, nonché nelle ipotesi in cui manchi la documentazione idonea a dimostrare il sostenimento delle spese ammissibili al credito d’imposta. Si verifica comunque una decadenza dalla procedura in corso nel caso in cui gli Uffici, nell’esercizio dei poteri di cui agli artt. 31 e seguenti del DPR 600/1973, accertino condotte fraudolente. In tali ipotesi le somme già versate si considerano acquisite a titolo di acconto sugli importi dovuti.

Tali elementi di fraudolenza, simulazione e falsità – quali presupposti negativi per l’ammissione alla procedura – richiamano l’annoso dibattito sulla distinzione tra crediti inesistenti e crediti non spettanti. Il corretto inquadramento di questa distinzione rileva tanto più considerando che, a partire dal DLgs. 158/2015, la qualificazione del credito comporta un diverso trattamento sanzionatorio sia nell’ambito dell’art. 10-quater del DLgs. 74/2000, sia rispetto all’applicazione della causa di non punibilità ex art. 13 del DLgs. 74/2000 conseguente all’integrale pagamento del debito tributario prima dell’apertura del dibattimento penale.

Considerando l’ampia discrezionalità con cui gli uffici competenti possono qualificare i crediti indebitamente compensati (in mancanza di una chiara disposizione di legge), ci si chiede allora se si possono considerare sanabili ai sensi del decreto fiscale unicamente i crediti definiti come “non spettanti” ovvero anche quelli che vengano qualificati “inesistenti”. Da ciò discenderebbe un possibile ampliamento della non punibilità che, a oggi, il citato art. 13 limita unicamente ai crediti non spettanti.

Interpretazione, tuttavia, che non appare suffragata dal riferimento normativo – sopra riportato – alle “ipotesi in cui manchi la documentazione idonea a dimostrare il sostenimento delle spese ammissibili al credito d’imposta” (art. 5 comma 8 del decreto fiscale). Il decreto appare, così, accogliere quella definizione ampia di crediti inesistenti, slegati da una effettiva fraudolenza, sebbene poi leghi la decadenza dalla procedura – nel medesimo comma 8 – unicamente all’accertamento di “condotte fraudolente”.

In proposito, può essere utile accennare a una nota dell’Agenzia delle Entrate (Direzione Regionale del Piemonte, pubblicata il 15 ottobre 2020) dedicata proprio alle istruzioni operative in materia di indebita compensazione. In essa si legge che, per crediti inesistenti a livello penale, “si fa riferimento a quei crediti artificiosamente costruiti o rappresentati in sede contabile o di dichiarazione o in qualunque altro modo, allo scopo di utilizzarli indebitamente in compensazione. Si tratta quindi di crediti che, supportati o meno da documentazione materialmente o ideologicamente falsa, non hanno alcuna connessione con la reale posizione fiscale del contribuente”.

Da ultimo va evidenziato che il decreto fiscale esclude che la procedura di riversamento possa essere utilizzata per crediti il cui indebito utilizzo in compensazione sia già stato accertato con un atto di recupero crediti, ovvero con altri provvedimenti impositivi, divenuti definitivi alla data di entrata in vigore del presente decreto, e prevede la necessità del pagamento tempestivo in caso di contestazioni ancora non definitive. Nulla invece si dice riguardo a eventuali notizie di reato già trasmesse alla procura o a procedimenti penali in corso, né su come operi in tali ipotesi la causa di esclusione della responsabilità.