Possibile usufruire dell’art. 6 del DL 23/2020 quando le perdite 2021, sommate a quelle 2020, incidono per oltre un terzo sul capitale sociale

Di Maurizio MEOLI

Il Comitato Triveneto dei Notai torna, con ulteriori massime, sulla disciplina della “sterilizzazione” delle perdite ex art. 6 del DL 23/2020 convertito, come sostituito integralmente dal comma 266 dell’art. 1 della L. 178/2020 (legge di bilancio 2021).

Si ritiene, innanzitutto (massima T.A.13), che le perdite emerse nell’esercizio in corso al 31 dicembre 2020 siano sottoposte al regime di “sterilizzazione” fino all’approvazione del bilancio relativo al quinto esercizio successivo, prescindendo dalla circostanza che tali perdite abbiano ridotto di oltre un terzo il capitale sociale nell’esercizio in corso al 31 dicembre 2020 o in quelli successivi.

Vale a dire che:
– se nel corso dei cinque esercizi successivi a quello che comprende il 31 dicembre 2020 risulta che la società abbia accumulato perdite che, senza tener conto di quelle emerse in tale ultimo esercizio (ossia quelle “sterilizzate”), riducono il capitale di oltre un terzo, troveranno immediata applicazione le disposizioni dettate dagli artt. 244624472482-bis e 2482-ter c.c.;
– se, invece, nel corso di detti cinque esercizi risulta che la società abbia accumulato perdite che, solo se sommate a quelle emerse nell’esercizio che comprende il 31 dicembre 2020 (ossia quelle “sterilizzate”), riducono il capitale di oltre un terzo, troveranno applicazione le disposizioni dettate dall’art. 6 del DL 23/2020 convertito, fermo restando il limite temporale finale coincidente con l’esercizio che comprende il 31 dicembre 2025.

Le successive due massime T.A.14 e T.A.15, invece, si soffermano sulla sorte delle perdite “sterilizzate” in caso di operazioni di fusione e di scissione.
Posto che le perdite soggette a “sterilizzazione” devono essere tenute distinte da quelle ordinarie, costituendo perdite “targate” la cui origine, ed eventuali successive movimentazioni, deve essere specificata nella Nota integrativa, si osserva come, in caso di fusione di società dotate di tali perdite le stesse saranno iscritte nel bilancio della società incorporante o risultante dalla fusione con la medesima “targazione” (e conseguente regime legale di “sospensione”) che avevano nel bilancio dell’incorporata/fusa ai sensi dell’art. 2504-bis comma 4 c.c. La presenza di perdite “sterilizzate” consente di imputare, in tutto o in parte, al capitale sociale della incorporante/beneficiaria il capitale sociale nominale della incorporata/fusa, ma non di liberare riserve di patrimonio per effettuare aumenti di capitale gratuiti dell’incorporante o imputazioni al nuovo capitale della risultante di nuova costituzione in misura eccedente il valore del capitale nominale della incorporata/fusa.

Restano salve le ordinarie limitazioni all’operazione derivanti dalla sussistenza di patrimoni realmente negativi, quali l’impossibilità di determinare un congruo rapporto di cambio nel caso di fusione tra una società con valore positivo e una con valore negativo in assenza di “plusvalori” da fusione (così la massima T.A.14).

In caso di scissione di società dotate di tali perdite, inoltre, le stesse saranno iscritte nel bilancio della/e beneficiaria/e con la medesima “targazione” (e conseguente regime legale di “sospensione”) che avevano nel bilancio della scissa, secondo il criterio di ripartizione previsto nel progetto. La presenza di perdite “sterilizzate” consente di imputare, in tutto o in parte, al capitale sociale di una o più beneficiarie il capitale sociale nominale della scissa (che deve essere corrispondentemente ridotto nel caso di attribuzione parziale, ovvero azzerato in caso di attribuzione integrale), ma non consente di liberare riserve di patrimonio per effettuare aumenti di capitale gratuiti in una qualunque società risultante.
Restano salve, anche in tal caso, le ordinarie limitazioni all’operazione derivanti dalla sussistenza di patrimoni realmente negativi, quali l’impossibilità di determinare un congruo rapporto di cambio tra una beneficiaria preesistente avente un valore positivo e una scissa avente un valore negativo in assenza di “plusvalori” da scissione (così la massima T.A.15).

Sempre in tema di scissione, infine, con la massima L.E.13 si stabilisce che per scissione “asimmetrica” deve intendersi ogni operazione nella quale sia previsto che a uno o più soci della scissa non siano attribuite partecipazioni di una qualunque entità in ciascuna delle società risultanti dall’operazione, prescindendo dalla circostanza che si tratti di scissione parziale o totale.

In sostanza si ritiene qualificabile come “asimmetrica” la scissione che produca una separazione anche parziale della compagine sociale originaria, scomponendola in due o più sub-compagini.
Verificandosi tale ipotesi i soci della scissa che non parteciperanno a una o più società risultanti dall’operazione, siano esse la scissa (nell’ipotesi che sopravviva) o una o più beneficiarie, devono necessariamente prestare il proprio consenso all’operazione in applicazione analogica del principio enunciato dall’art. 2506 comma 2 secondo periodo c.c.