La soglia di punibilità si calcola con riferimento ai redditi dei singoli soci

Di Maria Francesca ARTUSI

Il reato di dichiarazione infedele può essere integrato anche mediante la presentazione della dichiarazione in nome della società in accomandita semplice. In tal caso, l’imposta sui redditi evasa deve essere calcolata avendo riguardo al reddito dei singoli soci.
Tale principio viene ribadito dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 34407, depositata ieri (in modo conforme a quanto già affermato da Cass. n. 31195/2020).

Le società in accomandita semplice sono, infatti, tenute a presentare le dichiarazioni ai fini delle imposte sui redditi, sebbene il risultato di esercizio debba essere imputato direttamente ai singoli soci, ovviamente ciascuno per la sua quota di partecipazione.
D’altra parte, la fattispecie prevista dall’art. 4 del DLgs. 74/2000 si incentra letteralmente sulla presentazione della dichiarazione annuale effettuata dalla società, senza alcuna altra distinzione o specificazione, che neppure compare in sede di definizione della nozione di “dichiarazione” e della finalità di “evasione”, entrambe riferite semplicemente a “società, enti o persone fisiche”, ove non appare alcuna ulteriore precisazione “interna” agli enti.

Ne consegue che, con riguardo alla dichiarazione infedele presentata da chi amministri una società di persone e più in particolare dal socio accomandatario, la norma incriminatrice pone a carico di costui – nella veste rappresentativa così assunta e tale da imporre a suo carico l’obbligo dichiarativo – la condotta penalmente rilevante, con l’ulteriore conseguenza dell’inevitabile valutazione unitaria della imposta evasa, anche ai fini della verifica della soglia di punibilità, dal momento che questa riguarda la società di riferimento cui inerisce la dichiarazione.

Proprio sul calcolo della soglia di punibilità si è incentrato il ricorso presentato alla Cassazione. Il legale rappresentante di una sas – opponendosi a un provvedimento di sequestro – riteneva che, al fine del superamento della soglia quantitativa, occorreva, nell’ipotesi di società di persone, ripartire il reddito della società tra i soci in ragione delle rispettive quote di partecipazione. Al contrario il Tribunale aveva osservato che, in ipotesi di evasione posta in essere dalla società di persone, occorreva operare una valutazione unitaria dell’imposta evasa senza frammentazione dell’imposta sulla scorta della ripartizione del reddito evaso in capo ai soci in base alle percentuali di partecipazione, mentre invece il legale rappresentante era responsabile per le imposte evase dal soggetto dal medesimo rappresentato.

I giudici di legittimità – rigettando il ricorso – ricordano che il reato in esame è commesso da colui che inserisce all’interno della dichiarazione fiscale per l’anno di riferimento elementi passivi fittizi o comunque dati che rendono quella dichiarazione infedele e ricollegano espressamente il reato esclusivamente alla posizione di rappresentanza e gestione fiscale della società in accomandita semplice assunta dal socio (in senso conforme Cass. n. 19228/2019).

Viene aggiunto che, per l’individuazione del soggetto responsabile del reato di infedele dichiarazione, occorre esaminare l’art. 1 comma 1 lett. c) ed e) del DLgs. 74/2000. Questo, nel definire taluni concetti rilevanti nell’ambito della disciplina penal-tributaria, stabilisce che per dichiarazioni “si intendono anche le dichiarazioni presentate in qualità di amministratore, liquidatore o rappresentante di società, enti o persone fisiche o di sostituto di imposta nei casi previsti dalla legge” e che “il fine di evadere le imposte ed il fine di sottrarsi al pagamento si intendono riferiti alle società, all’ente o alla persona fisica per la quale agisce”.

Con tale norma, il legislatore ha dunque voluto precisare che le norme incriminatrici trovano applicazione, oltre che in caso di coincidenza tra il soggetto attivo e il contribuente persona fisica, anche nei confronti di chi opera nelle predette qualità così da essergli riferibile la dichiarazione dell’ente. In queste ipotesi la finalità di evasione va intesa come riguardante anche il soggetto giuridico nel cui interesse si agisce.