Un custode giudiziario a tutela della gestione conservativa dell’azienda prima del fallimento

Di Alessandro BAUDINO e Roberto FRASCINELLI

La proposta di legge avanzata sin dal maggio 2020 dal Centro crisi dell’Università di Torino e dall’ODCEC di Torino, con il Patrocino dell’Ordine degli avvocati di Torino, volta a facilitare l’accesso delle imprese in crisi a forme di concordato al di fuori delle aule dei tribunali, è rimasta lettera morta.

Per fronteggiare le istanze delle imprese in default, si rende necessario avvalersi degli strumenti normativi vigenti, interpretandoli e applicandoli in chiave evolutiva, secondo i principi della Direttiva 1023/2019 Ue, al fine di superare i numerosi ostacoli che influiscono sull’inserimento rapido ed efficace sul mercato delle aziende delle società assoggettate a procedure concorsuali.

Un modello è rappresentato dal protocollo elaborato da alcuni tribunali spagnoli, c.d. “Pre-Pack Concursal”, o procedura concorsuale “preconfezionata”.

Tale soluzione è già contemplata nei Paesi di Common law: negli Stati Uniti una procedura analoga è prevista per le società che invochino il “Chapter 11”; in Canada si ricorda il “Companies’ Creditors Arrangements Act.”; nel Regno Unito, i “pre-pack” si sono diffusi dopo l’“Enterprise Act 2002”, che ha reso la procedura di “Administration” lo strumento più diffuso per la gestione delle insolvenze. Una procedura analoga è prevista anche in Olanda, ove è chiarito che con il “Pre-pack” l’amministrazione dell’azienda è affidata a un “silent manager”, incaricato di verificare la “ripartenza” dopo la dichiarazione di fallimento e nominato in seguito curatore.
Nel frattempo, l’attività d’impresa continua regolarmente, con l’effetto che, nonostante il fallimento, l’azienda può essere venduta a terzi valorizzandone gli asset e garantendo i livelli occupazionali nell’interesse dei creditori e degli stakeholder.

La soluzione dei tribunali spagnoli potrebbe trovare applicazione anche nel nostro ordinamento.
Il riferimento è all’art. 15 comma 8 L. fall., a tenore del quale “Il tribunale, ad istanza di parte, può emettere i provvedimenti cautelari o conservativi a tutela del patrimonio o dell’impresa oggetto del provvedimento, che hanno efficacia limitata alla durata del procedimento e vengono confermati o revocati dalla sentenza che dichiara il fallimento, ovvero revocati con il decreto che rigetta l’istanza”.

Il debitore – che abbia avviato un processo di ricerca di investitori e offerenti per salvare (in tutto o in parte) l’attività d’impresa e i posti di lavoro, senza trovare l’accordo con i creditori – potrà, nell’istanza di fallimento in proprio, chiedere il sequestro giudiziario dell’azienda e la nomina di un curatore speciale con poteri gestori e di controllo. Il sequestro giudiziario dell’azienda consentirebbe di preservarne l’integrità e il valore, sottraendola all’aggressione dei creditori nella fase di raccolta delle offerte di acquisto dei terzi.
La misura esplicherebbe effetti protettivi analoghi a quelli di un’istanza di concordato in bianco.

L’affidamento della custodia al debitore e l’affiancamento all’organo gestorio di un curatore speciale o amministratore giudiziario con poteri di ispezione e gestione consentirebbero inoltre di salvaguardare le esigenze di trasparenza, garantire una gestione conservativa e verificare che l’attività propedeutica alla cessione dell’azienda avvenga nell’interesse dei creditori sociali e nel rispetto della par condicio creditorum.

Tale soluzione rappresenta una valida alternativa sia all’esercizio provvisorio dell’impresa del fallito di cui all’art. 104 L. fall. (istituto poco applicato per le problematiche che comporta), sia all’affitto d’azienda (soluzione mal vista dai potenziali interessati all’acquisto – che con l’affitto assumono responsabilità solidale per i debiti e le obbligazioni nascenti dai contratti di lavoro – e spesso anche dagli organi fallimentari, in quanto rischia di creare posizioni di privilegio per l’affittuario e vincoli alla collocazione dell’azienda sul mercato).

La vendita dell’azienda potrebbe avvenire dopo la dichiarazione di fallimento, a opera del curatore fallimentare, il cui ruolo potrebbe essere affidato al curatore speciale.
Inoltre, avverrebbe nel rispetto delle esigenze di trasparenza e competitività ex art. 107 L. fall. (soddisfatte già nella fase pre-concorsuale, con l’individuazione del miglior offerente, cui verrebbe aggiudicata l’azienda dopo la dichiarazione di fallimento).

A tutela dell’acquirente, la vendita, successiva alla dichiarazione di fallimento, sarebbe assoggettata all’art. 105 comma 2 L. fall., che esclude, salva diversa convenzione, “la responsabilità dell’acquirente per i debiti relativi all’esercizio delle aziende cedute, sorti prima del fallimento”.
Il fallimento rappresenterebbe, quindi, il “nuovo” strumento per l’attuazione della c.d. “distruzione creativa” – preannunciata dal gruppo di lavoro del G30 – necessaria per affrontare la ripartenza, rappresentando per i professionisti (commercialisti, avvocati, consulenti del lavoro e giuristi d’impresa) un’occasione per svolgere un ruolo centrale, in collaborazione con gli organi giudiziari, nel porre le basi della ripresa.