Gli atti dispositivi possono avere natura fraudolenta se connotati da uno stratagemma tendente a sottrarre le garanzie patrimoniali all’esecuzione

Di Maria Francesca ARTUSI

Il profitto del reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte è rappresentato dalla somma di denaro (o dalla attività patrimoniale qualunque essa sia) la cui sottrazione all’Erario viene perseguita attraverso l’atto di vendita simulata o gli atti fraudolenti posti in essere. Tale profitto, dunque, coincide con il patrimonio sottratto alla garanzia dell’esazione e non già con il debito tributario evaso; tant’è che per calcolarlo si può procedere alla decurtazione da detto patrimonio delle somme recuperate dal fisco a seguito delle cessioni di ramo d’azienda e dei versamenti effettuati dall’imputato (tra le altre, Cass. n. 10214/2015, Cass. n. 40534/2015, Cass. n. 4097/2016 e Cass. n. 32018/2019).

Tali affermazioni, peraltro, sono coerenti con la struttura di reato di pericolo propria della fattispecie di cui all’art. 11 comma 1 del DLgs. 74/2000, in cui il profitto va individuato nella riduzione simulata o fraudolenta del patrimonio su cui il fisco ha diritto di soddisfarsi e, quindi, nella somma di denaro la cui sottrazione all’Erario viene perseguita, non importa se con esito favorevole o meno, poiché già la sottrazione in sé integra la condotta di pericolo del bene protetto costituito dall’interesse fiscale dello Stato (cfr. Cass. n. 33184/2013 e Cass. n. 15133/2017).

Questi principi consolidati in giurisprudenza vengono ripresi dalla Cassazione, nella sentenza n. 20371, depositata ieri, chiamata a confrontarsi con un sequestro ordinato in un’ipotesi in cui il reato era contestato in un caso in cui una srl – in piena decozione, poi seguita da fallimento – aveva ceduto l’intero compendio aziendale ad altre due società.

I giudici di legittimità si soffermano, pertanto, sulla sorte delle posizioni passive in caso di cessione di azienda. In proposito l’art. 2560 comma 2 c.c. afferma che nel trasferimento di un’azienda commerciale risponde dei debiti anche l’acquirente dell’azienda, se essi risultano dai libri contabili obbligatori.

Con particolare riferimento ai debiti tributari, qui in oggetto, rileva l’art. 14 comma 1 del DLgs. 472/1997 ove stabilisce che il cessionario è responsabile in solido, fatto salvo il beneficio della preventiva escussione del cedente ed entro i limiti del valore dell’azienda o del ramo d’azienda, per il pagamento dell’imposta e delle sanzioni riferibili alle violazioni commesse nell’anno in cui è avvenuta la cessione e nei due precedenti, nonché per quelle già irrogate e contestate nel medesimo periodo anche se riferite a violazioni commesse in epoca anteriore.

In proposito, la giurisprudenza civile ha statuito che la disciplina dettata dal citato art. 14, quanto alla responsabilità del cessionario per le obbligazioni tributarie, è una norma speciale rispetto all’art. 2560 comma 2 c.c. e ha natura antielusiva, diretta, cioè, ad evitare – tramite la previsione della responsabilità, solidale e sussidiaria, del cessionario per i debiti tributari gravanti sul cedente – che, attraverso il trasferimento dell’azienda, sia dispersa la garanzia patrimoniale del contribuente in pregiudizio dell’interesse pubblico (Cass. n. 9219/2017 e Cass. n. 37326/2019).

Alla luce di ciò, la Cassazione individua il “fumus” del delitto di sottrazione fraudolenta (necessario per l’applicazione del sequestro) non solo dalla minore tutela che l’art. 14 offre all’Erario in presenza di cessione lecita, ma anche dalle complesse operazioni di “svuotamento” della stessa cedente effettuate nel caso di specie: creazione di numerose altre società a responsabilità limitata per la gestione delle medesime attività della srl originaria, tutte gestite da componenti della medesima famiglia; cessione dei rami di azienda in favore delle stesse società, o di altre comunque riferibili ai familiari; mancanza di un effettivo corrispettivo per tali negozi.

In altre parole, viene affermato che gli atti dispositivi, oggettivamente idonei ad eludere l’esecuzione esattoriale, possono avere natura fraudolenta, ai sensi dell’art. 11 del DLgs. 74/2000, allorquando, pur determinando un trasferimento effettivo del bene, siano connotati da elementi di inganno o di artificio, cioè da uno stratagemma tendente a sottrarre le garanzie patrimoniali all’esecuzione.

Si deve trattare, cioè, di atti idonei a rappresentare ai terzi una realtà (la riduzione del patrimonio del debitore) non corrispondente al vero, mettendo a repentaglio – o comunque rendendo più difficoltosa – l’azione di recupero del bene in tal modo sottratto alle ragioni dell’Erario, secondo un giudizio “ex ante” (proprio dei reati di pericolo) che valuti la sufficienza della consistenza patrimoniale del contribuente rispetto alla pretesa dello stesso creditore, (nello stesso senso Cass. n. 35983/2020 e Cass. n. 46975/2018).