Non serve emettere la nota di variazione, comunque la detrazione è salva

Di Alfio CISSELLO

L’Agenzia delle Entrate, con la risposta a interpello n. 301 pubblicata ieri, afferma che, in caso di erronea fatturazione senza IVA ritenendo per errore sussistente il regime del reverse charge, il ravvedimento operoso si perfeziona con il versamento della sola sanzione fissa minima pari a 250 euro, senza, quindi, la necessità di regolarizzare materialmente l’operazione emettendo le apposite note di variazione.

È opportuno riepilogare brevemente i tratti salienti del regime sanzionatorio in caso di errori nel reverse charge.
Laddove il cedente/prestatore, per errore, ritenga che un’operazione sia soggetta a reverse charge, per cui emetta la fattura senza IVA e il cessionario/committente esegua la doppia annotazione, la sanzione è a carico del cedente/prestatore, e va da 250 euro a 10.000 euro. Il cessionario/committente, per la sanzione, è obbligato solidale.
Rimane fermo il diritto di detrazione IVA, in costanza dei requisiti di legge e in assenza di frode, a opera del cessionario/committente (art. 6 comma 9-bis.2. del DLgs. 471/97).

Se, all’opposto, il cedente/prestatore, per errore, emette la fattura con IVA e l’imposta è stata irregolarmente assolta dal medesimo, la sanzione è a carico del cessionario/committente, da 250 euro a 10.000 euro. Il cedente/prestatore, per la sanzione, è un obbligato solidale.
Rimane fermo il diritto di detrazione IVA, in costanza dei requisiti di legge e in assenza di frode, a opera del cessionario/committente (art. 6 comma 9-bis.1. del DLgs. 471/97).

Si tratta di violazioni sanabili mediante ravvedimento operoso ai sensi dell’art. 13 del DLgs. 472/97.
Ravvedersi non significa solo pagare la sanzione ridotta, ma rimuovere la violazione, dunque, in base a un’interpretazione particolarmente rigorosa, dettata più che altro da esigenze di estrema prudenza, si potrebbe sostenere la necessità, oltre al versamento della sanzione ridotta (da 1/9 a 1/5, a seconda di quando temporalmente avviene il ravvedimento), del versamento dell’imposta e degli interessi legali ove necessario.

L’Agenzia delle Entrate, invece, adotta una soluzione di buon senso e condivisibile, specificando che il ravvedimento si perfeziona con il solo pagamento della sanzione di 250 euro ridotta.
Nella risposta a interpello si legge testualmente: “l’erroneo comportamento tenuto dal cedente (fatturazione mediante la partita IVA lussemburghese in regime di non imponibilità) e dei cessionari (assolvimento dell’imposta mediante il reverse charge) resta cristallizzato, dovendosi applicare la sola sanzione amministrativa compresa fra 250 euro e 10.000 euro”.

Poi, ribadendo quanto già espresso con la precedente circolare 11 maggio 2017 n. 16, § 4, si afferma come la sanzione vada computata con riferimento alla singola liquidazione periodica e con riferimento al singolo committente, non considerando le distinte operazioni.
Quindi, anche in sede di ravvedimento operoso rimane fermo il diritto di detrazione e, essendosi l’operazione, per utilizzare le parole dell’Agenzia delle Entrate, “cristallizzata”, non servono le note di variazione.

Tale linea interpretativa è da accogliere con estremo favore, in quanto semplifica non di poco le modalità operative per il ravvedimento operoso.
Nonostante nella risposta a interpello non lo si dica espressamente, lo stesso deve valere quando per errore il cedente/prestatore non ha applicato il reverse charge emettendo fattura con IVA.

Bisogna infine rammentare che, secondo la richiamata circolare n. 16 del 2017, il regime sanzionatorio descritto, nel caso di indebita fatturazione in reverse charge, opera solo quando in merito all’applicazione del reverse charge sussiste incertezza. Nel caso esaminato dalla risposta di ieri, il tutto originava da erronee informazioni provenienti dai clienti non residenti, “con i quali aveva operato negli anni precedenti al 2016 attraverso le loro stabili organizzazioni in Italia”.