La contestazione nei confronti dell’ente deve precisare come il delitto commesso dal singolo risponda a un interesse della società

Di Ciro SANTORIELLO

Come nel processo penale nei confronti delle persone fisiche, anche quando si procede nei confronti della società l’accusa deve essere sufficientemente circostanziata. Lo richiede, riprendendo quanto sancito dalla lett. b) dall’art. 417 c.p.p., l’art. 59, comma 2 del DLgs. 231/2001 secondo cui la contestazione deve contenere gli elementi identificativi dell’ente giuridico, l’enunciazione in forma chiara e precisa del fatto che fonda la responsabilità, l’indicazione del reato presupposto e delle fonti di prova.

Dunque, con riferimento al profilo relativo all’esposizione del fatto da cui deriva la responsabilità dell’ente, il Pubblico Ministero dovrà indicare che il reato presupposto è stato commesso nell’interesse o a vantaggio della persona giuridica, nonché quale sia la natura del rapporto funzionale che lega l’autore dell’illecito penale allo stesso ente, evidenziando anche l’eventuale insufficienza dei modelli organizzativi, di gestione o di controllo operanti all’interno della società.

Se però, quanto all’indicazione del reato presupposto della responsabilità amministrativa dell’ente, deve ritenersi che l’esposizione non debba differire, quanto a completezza di contenuto, dalla formulazione della imputazione cui il Pubblico Ministero procede nell’esercizio dell’azione penale nei confronti di una persona fisica, meno rigore può riscontrarsi con riferimento al profilo dell’interesse o vantaggio che la società ha ottenuto a mezzo o a seguito del reato commesso da un suo dirigente o dipendente.

Questa conclusione si riscontra con frequenza, specie in sede di merito, quando si proceda nei confronti di una società per i reati di lesioni o omicidi colposi conseguenti alla violazione della normativa antinfortunistica. In questi casi, infatti, spesso, preso atto della sussistenza di illeciti colposi addebitabili ad un soggetto che riveste la qualifica di datore di lavoro in una società, il vantaggio per la persona giuridica viene rinvenuto per il solo fatto che si è in presenza di una mera ricaduta patrimoniale favorevole in capo alla società, senza specificare in alcun modo in cosa questo vantaggio sia consistito, tanto che si sostiene che in questi casi la verifica della sussistenza del criterio del vantaggio dà sempre esiti positivi anche soltanto valorizzando fatti del tutto esteriori al reato, come se, nell’ottica dell’imputazione, il giudice dovesse ricostruire il presupposto di responsabilità chiedendosi solo “a chi giova il reato?”.

A questa impostazione pare contrapporsi la recente decisione n. 30753 della Corte di Cassazione, depositata lo scorso 4 novembre, secondo cui in tema di responsabilità da reato dagli enti collettivi, la contestazione dell’illecito alla persona giuridica deve specificare quale sia il vantaggio che questa ha ottenuto o l’interesse della medesima che è stato perseguito mediante la realizzazione del reato presupposto e quando tale elemento non sia presente nella contestazione, il giudice dovrà invitare il Pubblico Ministero ad integrare la contestazione, dichiarando la nullità dell’atto di esercizio dell’azione penale in caso di mancato adempimento all’invito.

Alla luce di quanto (sia pur sommariamente) indicato nella pronuncia in esame, pare di poter sostenere che la Cassazione pretenda che la contestazione nei confronti dell’ente non si limiti ad asserire la presenza di un vantaggio in capo all’ente ma precisi come il delitto commesso dal singolo rispondesse ex ante ad un interesse della società o abbia consentito alla stessa di conseguire un vantaggio (per una tale impostazione, con riferimento agli illeciti colposi, Cass. n. 16713/2018, Cass. n. 49775/2019, Cass. 43656/2019, Cass. n. 16598/2019). Quando questa precisazione manchi, il giudice dovrà richiedere al Pubblico Ministero di integrare la contestazione e solo in caso di inerzia da parte del titolare della pubblica accusa potrà rinviare allo stesso gli atti dichiarando la nullità dell’esercizio dell’azione penale.