La conoscenza degli amministratori non è dimostrabile tramite elementi presuntivi

Di Maurizio MEOLI

Il Direttore generale di una spa munito di deleghe risponde delle attività poste in essere con modalità non ortodosse sotto il profilo gestionale, amministrativo e contabile, e senza riferire al CdA.
Ad affermarlo è la Cassazione, nella sentenza n. 12108, depositata ieri, relativa al Direttore generale di una nota banca che contestava la decisione di merito, a lui sfavorevole, perché fondata sulla ritenuta sussistenza di un obbligo di informazione al CdA per ogni atto gestorio e perché avrebbe erroneamente ritenuta non fornita la prova del fatto che il CdA fosse stato messo a conoscenza delle operazioni contestategli.

La Suprema Corte sottolinea, innanzitutto, come attribuzioni e doveri del Direttore generale munito di deleghe da parte del CdA ricalchino quanto previsto per un normale amministratore esecutivo. La disciplina della responsabilità degli amministratori, peraltro, ai sensi dell’art. 2396 c.c., si applica se la posizione di Direttore generale all’interno della società sia desumibile da una nomina formale da parte dell’assemblea o del CdA, in base ad apposita previsione statutaria, poiché, non esistendo una nozione di Direttore generale collegata alle mansioni svolte, non è possibile una interpretazione estensiva o analogica per applicare lo speciale ed eccezionale regime di responsabilità di tale figura ad altre ipotesi, salvo il caso dell’amministratore di fatto (cfr. Cass. n. 23630/2015).

In tale contesto, di conseguenza, è anche possibile applicare il principio della insindacabilità del merito delle scelte di gestione (c.d. business judgement rule), sempre, però, considerando che la valutazione di ragionevolezza delle scelte è da compiersi ex ante e tenendo conto della adozione o meno delle cautele, delle verifiche e delle informazioni preventive, normalmente richieste per una scelta di quel tipo, e della diligenza dimostrata nell’apprezzare preventivamente i margini di rischio connessi all’operazione da intraprendere (cfr. Cass. n. 15470/2017).

Diversamente da quanto prospettato nel ricorso del caso di specie, inoltre, la mancata contestazione nei confronti del Direttore generale munito di deleghe, da parte del CdA, di fatti omissivi una volta conosciuti non può considerarsi indizio di una pregressa conoscenza delle operazioni effettuate, e dunque di adempimento dell’obbligo informativo, o di valutazione di obiettiva irrilevanza del contenuto dell’informativa; in quanto tale inerzia potrebbe anche giustificarsi in ragione della solidarietà che grava su tutti i soggetti che compongono gli organi societari.

L’osservanza degli obblighi di informazione risulta rilevante ai fini della valutazione del comportamento del Direttore generale munito di deleghe e deve essere provata, quanto alla sua effettiva e formale comunicazione al CdA, con riferimento al tempo dell’operazione effettuata, non potendo essere dimostrata con elementi presuntivi di avvenuta conoscenza, da parte dei soggetti destinatari dell’informazione, tratti dal comportamento inerte successivamente tenuto dai componenti del CdA rispetto alla conoscenza tardiva dell’informazione precedentemente omessa.

Nella specie, quindi, l’elemento di presunzione rappresentato dalla mancata reazione del CdA, una volta acquisita la relazione della Banca d’Italia, non assume particolare e univoco significato di pregressa conoscenza o di ritenuta irrilevanza circa le operazioni compiute dal Direttore generale.
Ciò in un contesto in cui, nel rispetto dell’art. 2392 comma 2 c.c., il consigliere di amministrazione non esecutivo di spa – essendo solidalmente responsabile della violazione commessa quando non intervenga non solo al fine di impedirne il compimento, ma anche per eliminarne o attenuarne le conseguenze dannose, pur avendone avuto postuma conoscenza – non si sottrae alla sua responsabilità per il solo fatto di non avere ricevuto tempestive informazioni dall’amministratore delegato, ove le informazioni fossero autonomamente acquisibili o verificabili dagli altri componenti del CdA, perché essi, ove venuti a conoscenza di fatti pregiudizievoli, devono dimostrare di avere fatto ciò che potevano per impedirne il compimento o eliminarne o attenuarne le conseguenze dannose (cfr. Cass. nn. 24851/2019 e 27365/2018).

L’obbligo di agire informati degli amministratori non esecutivi, ex art. 2381 comma 6 c.c., non è rimesso, nella sua concreta operatività, alle segnalazioni provenienti dagli amministratori delegati. Anche i non esecutivi, infatti, devono possedere ed esprimere costante e adeguata conoscenza del business della società, ed essendo compartecipi delle decisioni di strategia gestionale assunte dall’intero consiglio, hanno l’obbligo di contribuire ad assicurare un governo efficace delle aree di rischio della società, e di attivarsi in modo da poter efficacemente esercitare una funzione di monitoraggio continuo sulle scelte compiute dagli organi esecutivi, non solo in vista della valutazione delle relazioni degli amministratori delegati, ma anche ai fini dell’esercizio dei poteri, spettanti al CdA, di direttiva o avocazione con riguardo alle operazioni rientranti nelle deleghe.