La seconda comunicazione non comprime i termini per il pagamento della prima rata

Di Alfio CISSELLO e Massimo NEGRO

In ragione di una censurabile prassi degli uffici finanziari, quando, successivamente al recapito telematico dell’avviso bonario all’intermediario abilitato, la pretesa viene parzialmente archiviata, la definizione deve avvenire nei trenta giorni successivi, in applicazione dell’art. 2 del DLgs. 462/97.
Detto diversamente, “salta” il termine dei novanta giorni, che cede il passo al più breve termine di trenta giorni.

Esemplificando, ipotizziamo che l’avviso venga recapitato all’intermediario il 12 febbraio 2020 e che questi, tempestivamente, ne chieda la parziale archiviazione. La successiva comunicazione di rideterminazione delle somme perviene il 28 febbraio.
Per le Entrate, la definizione (quindi il pagamento di tutte le somme o della prima rata) deve avvenire entro il 29 marzo 2020 (trenta giorni dalla seconda comunicazione) e non entro il 12 maggio (novanta giorni dall’avviso recapitato all’intermediario).

Questa tesi è stata sconfessata dalla recente pronuncia n. 11/4/20 del 9 gennaio 2020, emessa dalla Commissione tributaria provinciale di Milano.

È bene riepilogare il quadro normativo in materia.
L’art. 2-bis del DL 203/2005 sancisce, al comma 1 lettera a): “l’invito previsto dall’articolo 6, comma 5, della legge 27 luglio 2000, n. 212, è effettuato: a) con mezzi telematici ai soggetti di cui all’articolo 3, comma 3, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, che, se previsto nell’incarico di trasmissione, portano a conoscenza dei contribuenti interessati, tempestivamente e comunque nei termini di cui all’articolo 2, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 462, e successive modificazioni, gli esiti della liquidazione delle dichiarazioni contenuti nell’invito”.

L’art. 2 comma 2 del DLgs. 462/97, richiamato dalla norma riportata, stabilisce che il ruolo non viene formato e le sanzioni sono ridotte al terzo se le imposte, le sanzioni e gli interessi (o la prima rata ai sensi del successivo art. 3-bis) sono pagate “entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione, prevista dai commi 3 dei predetti articoli 36-bis e 54-bis, ovvero della comunicazione definitiva contenente la rideterminazione in sede di autotutela delle somme dovute, a seguito dei chiarimenti forniti dal contribuente o dal sostituto d’imposta”.
Infine, viene previsto dall’art. 2-bis comma 3 del DL 203/2005: “il termine di cui all’articolo 2, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 462, e successive modificazioni, decorre dal sessantesimo giorno successivo a quello di trasmissione telematica dell’invito di cui alla lettera a) del comma 1 del presente articolo”.

I giudici, nella sentenza richiamata, implicitamente affermano due principi:
– in caso di avviso bonario recapitato telematicamente all’intermediario abilitato, se viene instaurato un contraddittorio con gli uffici, la notifica di una seconda comunicazione, con la quale la pretesa viene ridimensionata, o con la quale viene del tutto confermata, non comprime il termine per definire, rimanendo questo di novanta giorni dal recapito telematico dell’avviso;
– nel caso esposto, i novanta giorni decorrono dalla seconda comunicazione recapitata all’intermediario, mediante la quale le somme sono state rideterminate.

Di diverso avviso si è dimostrata la Regionale di Venezia (sentenza n. 345/6/15 del 10 febbraio 2015), affermando che la comunicazione di rideterminazione delle somme comprime i tempi, operando il solo termine di trenta giorni dalla stessa.

Va detto che, nel caso esaminato da quest’ultima sentenza, la seconda comunicazione sembra essere stata recapitata al contribuente (vedasi la motivazione della sentenza: “tenuto conto della diversa tempistica a cui sono soggette le comunicazioni compiute direttamente al contribuente da quelle telematiche le quali vengono spesso effettuate attraverso l’ausilio di centri di elaborazione dati e quindi sottoposte ad un trattamento o ad una selezione dei dati stessi prima della trasmissione al destinatario”).

In realtà, il termine dei novanta giorni decorrenti dalla comunicazione inviata all’intermediario non dovrebbe mai venire meno, in quanto termine previsto per legge. Il dato normativo non pare autorizzare nessuna interpretazione che legittimi la compressione dei termini.

Aggiungiamo che disconoscere la definizione per questo motivo è espressione di un ingiustificato “accanimento” nei confronti dei contribuenti che, in sostanza riconoscendo l’errore commesso, scelgono di non adire le vie giudiziali, il che appare davvero censurabile.