Dal 2020 divengono requisiti sostanziali due adempimenti ritenuti formali ante quick fixes

Di Simonetta LA GRUTTA

Le modifiche apportate alla formulazione dell’art. 138 della direttiva 2006/112/Ce, ad opera della direttiva 2018/1910/Ce, hanno natura sostanziale e sono volte, in attesa che sia istituito il regime definitivo degli scambi nel territorio dell’Unione, ad introdurre condizioni più stringenti perché un’operazione possa qualificarsi come cessione intra-Ue di beni e possa beneficiare del regime di non imponibilità IVA nello Stato membro di origine, ciò al fine di contenere le frodi IVA ed gli altri fenomeni elusivi.

In sintesi, a decorrere dal 1° gennaio 2020, perché sia riconosciuto il regime di favore è necessario siano integrati cinque – e non più quattro – presupposti:
– l’operazione ha ad oggetto beni mobili materiali spediti o trasportati dal venditore o dall’acquirente o da terzi per loro conto da uno Stato membro ad un altro (requisito territoriale);- l’operazione ha luogo tra un cedente soggetto passivo nello Stato membro in cui la spedizione o il trasporto dei beni ha inizio e un cessionario soggetto passivo (o ente non soggetto passivo) che agisce in quanto tale in uno Stato membro diverso da quello in cui ha origine la movimentazione dei beni; secondo le nuove disposizioni, inoltre, l’acquirente è tenuto a comunicare al cedente il proprio numero identificativo IVA (requisito soggettivo);
– l’accordo tra le parti prevede il trasferimento del diritto di proprietà su beni mobili materiali (requisito della proprietà);
– l’accordo tra le parti è a titolo oneroso (requisito dell’onerosità);
– il cedente provvede a presentare l’elenco riepilogativo delle cessioni intra-Ue, riportando le informazioni riguardanti l’operazione posta in essere, secondo il disposto degli artt. 262 e ss della Direttiva 2006/112/CE (requisito “comunicativo”).

Ne segue che due adempimenti ritenuti nel passato formali assurgono adesso a requisiti sostanziali: l’iscrizione dell’acquirente nell’archivio del sistema VIES da cui scaturisce, al contempo, l’obbligo posto a carico di quest’ultimo di comunicare alla controparte il numero identificativo IVA e l’obbligo posto a carico del cedente di verificare (conservandone prova) l’esistenza dell’iscrizione e la correttezza del dato comunicato; la presentazione da parte del cedente degli elenchi riepilogativi delle cessioni intra-Ue in maniera (completa e) corretta.

Come si legge anche nelle Note esplicative della Commissione europea “2020 Quick Fixes”, la nuova formulazione dell’art. 138 della direttiva 2006/112 non richiede che il numero di identificazione IVA sia rilasciato al cessionario dall’autorità fiscale dello Stato membro di destinazione dei beni; è infatti sufficiente che si tratti di una identificazione IVA attribuita da uno Stato membro diverso dal quello di origine dei beni.

Quanto alla forma e al contenuto della comunicazione tra le parti, questa non è specificatamente individuata dal legislatore unionale; tuttavia, il fatto che la fattura emessa dal cedente riporti il numero di partita IVA dell’acquirente porterebbe a concludere che la comunicazione sia avvenuta.

Osservando il nuovo dettato da una diversa angolazione, si può concludere che il regime di non imponibilità per le cessioni intra-Ue di beni non è applicabile al verificarsi anche solo di uno dei seguenti casi:
– il cessionario comunica, quale proprio numero identificativo IVA, quello rilasciato dallo Stato membro in cui ha inizio la spedizione o il trasporto dei beni;
– il cedente riceve dal cessionario l’indicazione di un numero di partita IVA che non risulta dal database VIES;
– il cedente non ha presentato l’elenco riepilogativo INTRASTAT o lo ha presentato riportando dati non corretti, salvo che egli possa giustificare l’inadempimento secondo modalità ritenute soddisfacenti dalle autorità competenti (e.g. secondo le Note esplicative, il cedente dimostra di avere incluso l’operazione nel listing del mese successivo per puro errore materiale, etc.).
In tali circostanze, non essendosi verificati tutti i presupposti prescritti, l’operazione sarebbe da assoggettare ad imposta secondo la normativa vigente nello Stato membro di origine del bene.

Il legislatore nazionale non ha ancora provveduto a recepire nell’ordinamento interno le richiamate disposizioni. Tuttavia, considerato che le disposizioni contenute nella direttiva appaiono sufficientemente dettagliate da consentirne la diretta applicazione, le regole armonizzate dovrebbero considerarsi efficaci, ai fini IVA in Italia, anche in assenza di formale recepimento interno (in senso difforme si veda Assonime, circ. n. 29/2019).

Si ricorda, a tal proposito, che l’Agenzia delle Entrate storicamente aveva ritenuto l’iscrizione all’archivio VIES requisito a carattere sostanziale per l’applicazione del regime di non imponibilità e che solo in occasione del Videoforum del 23 gennaio 2019 ha mutato determinazione pronunciandosi in maniera conforme all’opposto orientamento della Corte di Giustizia Ue, consolidatosi nel tempo.