Il contribuente non deve però attivarsi a ridosso della scadenza

Di Alfio CISSELLO

Uno degli aspetti più problematici della definizione degli avvisi bonari (artt. 2 e 3 del DLgs. 462/97) riguarda il computo dei 30 giorni entro cui, per beneficiare della riduzione al terzo delle sanzioni, bisogna pagare le imposte, le sanzioni ridotte e gli interessi legali (oppure la prima rata) quando il contribuente, come suo diritto, ha instaurato il contraddittorio, chiedendo l’archiviazione totale o parziale della pretesa.

Limitandosi a parlare della liquidazione automatica, il complesso normativo è un po’ “laconico”. L’art. 36-bis comma 3 del DPR 600/73 (ma lo stesso vale per il 54-bis) sancisce che quando dai controlli automatici emerge un risultato diverso rispetto a quello della dichiarazione, l’esito è comunicato al contribuente. Poi, viene specificato che, “qualora a seguito della comunicazione il contribuente o il sostituto di imposta rilevi eventuali dati o elementi non considerati o valutati erroneamente nella liquidazione dei tributi, lo stesso può fornire i chiarimenti necessari all’Amministrazione finanziaria entro i trenta giorni successivi al ricevimento della comunicazione”.

L’art. 2 comma 2 del DLgs. 462/97, dal canto suo, stabilisce che il ruolo non viene formato se gli importi sono pagati “entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione, prevista dai commi 3 dei predetti articoli 36-bis e 54-bis, ovvero della comunicazione definitiva contenente la rideterminazione in sede di autotutela delle somme dovute”.
Si pone quindi il problema del computo dei 30 giorni quando l’Ufficio, a seguito della richiesta del contribuente (ad esempio mediante CIVIS), non dia riscontro entro i 30 giorni.
Tale problema sussiste anche quando sia disposta un’archiviazione parziale dopo i 30 giorni.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 29650 di ieri, ha sancito che la definizione dell’avviso bonario deve comunque avvenire entro 30 giorni dal ricevimento dello stesso, a nulla rilevando che l’Agenzia delle Entrate, entro tale termine, non abbia ancora dato riscontro alla richiesta di archiviazione dell’avviso bonario presentata dal contribuente.
Non può essere richiamato il principio del legittimo affidamento, in quanto la sollecitazione del potere di autotutela, che è discrezionale, “non era affatto idonea ad ingenerare nel contribuente il legittimo affidamento in una risposta, tanto meno in senso favorevole, a nulla rilevando a tal fine la soggettiva convinzione del contribuente medesimo nella fondatezza delle proprie rimostranze, e neppure la oggettiva fondatezza delle stesse”.
Se il contribuente si attiva, il termine dei 30 giorni, in altre parole, non si sospende mai.

“Solo nel caso in cui l’amministrazione finanziaria, a seguito dei chiarimenti forniti dal contribuente, ridetermini in sede di autotutela l’importo delle somme dovute, decorrerà un nuovo termine dalla relativa comunicazione. Dunque, la mera presentazione di una istanza in autotutela da parte del contribuente, ove non seguita da una comunicazione di rideterminazione delle somme dovute, non esime quest’ultimo dall’onere di pagare entro il termine di legge”.

Praticamente, vengono pari pari recepite, anche in modo a volte testuale, le conclusioni della circolare n. 77 del 2001.
A differenza di quanto sostenuto, il termine di 30 giorni dovrebbe decorrere sempre da quando l’Agenzia delle Entrate abbia o rideterminato le somme o disatteso le doglianze.
Nel contempo, bisogna rilevare come i principi di buona fede e di leale collaborazione valgano anche per il contribuente, pertanto questi ha l’onere di attivarsi in tempo utile, salvo dimostrazione di cause di forza maggiore che lo hanno impedito.
Come poi specificato in sentenza, se l’istanza di autotutela viene inviata due giorni prima dello spirare dei 30 giorni, il contribuente si accolla il rischio di una risposta tardiva, non potendo, a maggior ragione, invocare il legittimo affidamento.