Plusvalenze e minusvalenze relative ai beni strumentali continuano a non rilevare fiscalmente

Di Paola RIVETTI

Con la risposta a interpello n. 478, pubblicata ieri, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che, nell’ambito di una cessione d’azienda che si realizzi nel corso del regime forfetario, è assoggettato a tassazione (separata o sostitutiva) il solo importo della cessione relativo all’avviamento.

Nel caso oggetto di interpello, nel corso del primo anno di applicazione del regime forfetario, viene ceduta l’azienda (dando separata evidenza al valore attribuito all’avviamento) e, contestualmente, chiusa la partita IVA. Vengono, quindi, chiesti ragguagli in merito all’applicabilità del regime di non imponibilità della plusvalenza derivante dalla cessione d’azienda, quale conseguenza dell’applicazione, a partire dal 1° gennaio 2019, del regime forfetario.

Tale regime si basa sulla determinazione forfetaria del reddito imponibile, calcolato tramite l’applicazione del coefficiente di redditività previsto per la specifica attività svolta all’ammontare dei ricavi o compensi percepiti nel periodo d’imposta (art. 1 comma 64 della L. 190/2014).

Non partecipano alla formazione del reddito le plusvalenze e le minusvalenze realizzate, anche se riferite a beni acquistati prima dell’accesso al regime, così come le sopravvenienze, sia attive che passive (circ. Agenzia delle Entrate n. 10/2016, § 4.3.1). In tale aspetto, il regime forfetario differisce dal regime dei contribuenti minimi (che, dal 2012, si è trasformato nel regime di vantaggio, tuttora applicabile in via residuale), nel quale l’imponibilità di plusvalenze e minusvalenze era espressamente prevista dall’art. 1 comma 104 della L. 244/2007 (richiamato nel regime di vantaggio dall’art. 27 del DL 98/2011).

La rilevanza di plusvalenze e minusvalenze a fini reddituali dipende dalle diverse modalità di determinazione del reddito nell’ambito dei regimi agevolati.
Nel regime dei contribuenti minimi (ora vantaggio) era ammessa la deducibilità dei costi d’acquisto dei beni relativi all’impresa con il criterio di cassa, con il conseguente concorso alla formazione del reddito imponibile delle eventuali plusvalenze che dovevano assumersi pari al corrispettivo pattuito, in ossequio sempre al principio di cassa (art. 4 comma 1 lett. b) del DM 2 gennaio 2008).

Nel regime forfetario, invece, i costi dell’attività d’impresa, ivi compresi quelli relativi agli specifici beni relativi all’impresa, sono deducibili forfetariamente; conseguentemente, il legislatore non ha disciplinato la fase di realizzo di tali beni e, in caso di loro cessione, le eventuali plusvalenze non hanno rilevanza fiscale.
Analoga irrilevanza fiscale mantengono i plusvalori e i minusvalori riguardanti gli specifici beni relativi all’impresa in caso di cessione d’azienda verificatasi nel corso del regime forfetario.

Un discorso a parte, invece, viene sviluppato nella risposta n. 478 rispetto all’avviamento, il cui corrispettivo di cessione non rappresenta un plusvalore relativo a un bene relativo all’impresa il cui costo non è stato oggetto di deduzione ai fini fiscali, ma un valore rappresentativo della capacità reddituale prospettica, in quanto tale riconducibile nell’ambito dei ricavi assoggettati ad imposta sostitutiva.

Conseguentemente, l’Agenzia afferma che il corrispettivo per la cessione dell’avviamento è soggetto ad imposizione con possibilità di:
– assoggettarlo a tassazione separata ai fini IRPEF, ai sensi dell’art. 17 comma 1 lett. g) del TUIR, qualora l’azienda ceduta sia posseduta dall’imprenditore individuale da almeno 5 anni;
– farlo concorrere alla determinazione dell’ammontare dei ricavi o dei compensi percepiti nel periodo d’imposta, cui applicare il coefficiente di redditività per determinare il reddito imponibile soggetto ad imposta sostitutiva (del 15% o del 5%, a seconda dei casi).