Resta comunque da tutelare il legittimo affidamento della controparte processuale

Di Maurizio MEOLI

La fusione per incorporazione, anche se non determina un fenomeno successorio correlato all’estinzione della società incorporata ed alla creazione di un nuovo soggetto giuridico (la società incorporante), non consente, per ciò solo, la conservazione della legittimazione processuale da parte della società incorporata, se non nella misura in cui vi sia l’esigenza di tutelare l’affidamento della controparte che ignori l’avvenuta fusione. È questo il principio di diritto sancito dalla Cassazione nella sentenza n. 23641, depositata ieri.

Ai sensi dell’art. 2504-bis comma 1 c.c., come inserito dalla riforma del diritto societario, “la società che risulta dalla fusione o quella incorporante assumono i diritti e gli obblighi delle società partecipanti alla fusione, proseguendo in tutti i loro rapporti, anche processuali, anteriori alla fusione”. Nonostante talune iniziali resistenze (cfr. Cass. n. 1413/2006 e Cass. n. 9432/2005), il testo normativo riportato si è reputato idoneo a supportare la tesi c.d. “modificazionista” della fusione. Come affermato dalle Sezioni Unite n. 2637/2006, sia pure solo in obiter dictum, la fusione per incorporazione non comporta l’estinzione della società incorporata, con conseguente successione universale del soggetto incorporante o risultante dalla fusione in tutti i rapporti sostanziali e processuali trasmissibili, ma è da collocare tra le vicende meramente modificative dell’atto costitutivo.

Tale soluzione è avvalorata dai seguenti rilievi:
– il legislatore della riforma del diritto societario ha sostituito l’aggettivo “estinte”, usato per riferirsi alle società incorporate, con il riferimento alle “società partecipanti alla fusione”;
– l’espressione “proseguendo in tutti i loro rapporti, anche processuali, anteriori alla fusione”, nulla prevedendo in termini di estinzione, fa ritenere che la società incorporante, quale centro unitario di imputazione dei rapporti preesistenti, abbia anche la legittimazione attiva e passiva della incorporata (tra incorporante e incorporata, quindi, non vi sarebbe alterità soggettiva, ma integrazione reciproca);
– nel DLgs. 231/2001, in tema di responsabilità amministrativa degli enti, l’art. 29 prescrive che “nel caso di fusione, anche per incorporazione, l’ente che ne risulta risponde dei reati dei quali erano responsabili gli enti partecipanti alla fusione”, e l’art. 42 stabilisce che il procedimento prosegue nei confronti degli enti risultanti dalla fusione, dalla trasformazione e dalla scissione (soluzioni normative sostanzialmente confermative della tesi modificazionista).

A fronte di ciò si è ammesso il perdurare della legittimazione processuale in capo alla società che, nel corso del giudizio, venga incorporata in (o fusa con) un’altra. In particolare, la Cassazione n. 18188/2016 ha ravvisato la legittimazione attiva dell’incorporata a proporre appello; la Cassazione n. 24498/2014 ha ammesso la legittimazione passiva dell’incorporata a ricevere un atto di appello; la Cassazione n. 6058/2012 ha confermato la sentenza emessa nei confronti dell’incorporata, pur essendosi la fusione già perfezionata nel corso del giudizio.
Il caso di specie, peraltro, attiene alla legittimazione attiva di una società incorporata già cancellata dal Registro delle imprese.

Ora, nel contesto del fenomeno evolutivo-modificativo delle società in questione, in cui non è ravvisabile l’estinzione di un soggetto e la creazione di un altro, si è concordi nell’affermare che la cancellazione dal Registro delle imprese della società incorporata è diversa dalla cancellazione risultante dalla cessazione o dal completamento delle attività di liquidazione, in ragione del fatto che, la società incorporante, “partecipando essa stessa alla fusione, non è mai totalmente distinta dalla parte già costituita, onde quel tipo di operazione dipende interamente dalla volontà degli stessi organi delle due società che ne sono protagoniste, ivi compresa l’incorporante che è destinata a subentrare nella posizione processuale dell’incorporata” (così Cass. SS.UU. n. 6070/2013).

I dubbi, tuttavia, riguardano le ricadute processuali di tale differenza.
Le numerose pronunce che si sono occupate della legittimazione processuale passiva della società incorporata cancellata dal Registro delle imprese, infatti, hanno paventato la permanenza sia della legittimazione processuale passiva che di quella attiva (cfr. Cass. n. 18188/2016 e Cass. n. 24498/2014).

Le meno frequenti decisioni che hanno approfondito la questione degli effetti della incorporazione sulla legittimazione attiva della società incorporata cancellata dal Registro delle imprese, invece, hanno distinto a seconda che vi fosse o meno in ballo la tutela dell’affidamento della controparte processuale. Un conto, infatti, è l’ipotesi in cui quest’ultima, ignorando l’avvenuta fusione con conseguente cancellazione della società incorporata, agisca nei suoi confronti. Altro è il caso in cui la società incorporata prima ottenga la cancellazione dal Registro delle imprese e poi agisca, così venendo contra factum proprium; situazione, quest’ultima, che non trova giustificazione nella logica del sistema, che non autorizza la società incorporata a mantenere una propria individualità anche dopo la cancellazione dal Registro delle imprese (cfr., in particolare, Cass. n. 3820/2013). La decisione in esame – come evidenziato in premessa – fa propria quest’ultima impostazione.