La detrazione potrebbe spettare anche in caso di società che non esercita abitualmente la sua attività nel settore, ma è intestataria della concessione

Di Andrea BONINO e Arianna ZENI

Ai sensi dell’art. 16-bis comma 3 del TUIR, le persone fisiche acquirenti delle unità immobiliari ristrutturate hanno diritto alla detrazione d’imposta prevista per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio dal comma 1 dello stesso art. 16-bis, a condizione che:
– l’intervento di restauro, risanamento conservativo o di ristrutturazione edilizia di cui alle lett. c) e d) del comma 1 dell’art. 3 del DPR 6 giugno 2001 n. 380 abbia interessato l’intero fabbricato;
– l’unità immobiliare sia ceduta “da imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare e da cooperative edilizie” che hanno eseguito gli interventi;
– la vendita dell’immobile avvenga entro 18 mesi dalla data del termine dei lavori.

In questo caso la detrazione IRPEF nella misura del 50% è calcolata su un ammontare forfetario pari al 25% del prezzo di vendita o di assegnazione dell’immobile.

Relativamente alla possibilità che la detrazione possa essere fruita da parte delle persone fisiche che acquistano gli immobili da un soggetto non appartenente al mondo “edile”, l’Agenzia delle Entrate non ha mai fornito una definizione puntuale della nozione di “impresa di ristrutturazione immobiliare” con riguardo all’agevolazione in esame.
In materia di IVA, tuttavia, con riferimento alle nozioni di “impresa di costruzione” e di “impresa di ristrutturazione” è stato precisato che:
– per impresa “ristrutturatrice” si intende solo quella che, in relazione all’operazione in concreto esaminata, abbia realizzato sull’immobile ceduto uno degli interventi elencati dall’art. 3 comma 1 lett. c), d) ed f) del DPR 380/2001, a prescindere dall’oggetto sociale;
– per impresa “costruttrice”, si intende solo quella che, in relazione all’operazione in concreto esaminata, abbia effettivamente costruito l’immobile ceduto, a prescindere dall’oggetto sociale.

Per espressa previsione normativa, la qualifica di impresa che ha costruito o ristrutturato l’immobile sussiste anche nel caso in cui la costruzione o ristrutturazione del medesimo sia avvenuta mediante appalto dei lavori a terzi (tale aspetto appare confermato dal contenuto della circ. Agenzia delle Entrate 4 agosto 2006 n. 27, § 1.2).

Tornando alla detrazione IRPEF spettante ai sensi del comma 3 in commento, quindi, qualora si interpreti alla lettera la disposizione che prevede che l’agevolazione spetti per gli interventi “eseguiti da imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare”, e si ritenga che la nozione di “impresa di ristrutturazione immobiliare” individui le società che hanno come oggetto esclusivo o prevalente della propria attività quella relativa al c.d. settore “edile”, la detrazione d’imposta per l’acquisto delle unità immobiliari ristrutturate non spetterebbe (cfr. circ. Agenzia delle Entrate 31 maggio 2019 n. 13 e la guida dell’Agenzia delle Entrate maggio 2019).

Nel diverso caso in cui, invece, la disposizione venga interpretata in un’accezione più ampia (come avviene ai fini dell’IVA), qualificandosi come “impresa di ristrutturazione immobiliare” anche la società che, seppur non esercitando abitualmente la sua attività nel settore edile, risulti intestataria della concessione edilizia per operare gli interventi di ristrutturazione, la detrazione d’imposta per l’acquisto delle unità immobiliari ristrutturate verrebbe riconosciuta.

Al riguardo, considerata, come detto, l’assenza di chiarimenti ministeriali in merito, riteniamo sostenibile interpretare la disposizione in esame nell’accezione più ampia sopra richiamata.
In questo senso, sembrano deporre anche i contenuti della circ. Agenzia delle Entrate 18 maggio 2016 n. 20 (§ 10), i quali, seppur relativi alla detrazione IRPEF dell’IVA pagata per l’acquisto dell’unità immobiliare di classe energetica A o B (di cui al comma 56 dell’art. 1 della L. 208/2015), nel qualificare le “imprese di ripristino o c.d. ristrutturatrici”, richiamano le imprese “che hanno eseguito, anche tramite imprese appaltatrici, gli interventi di cui all’art. 3 comma 1 lettere c), d) ed f), del Testo Unico dell’edilizia”.

In via prudenziale, riteniamo, tuttavia, che il predetto orientamento possa essere difendibile in caso di contestazioni dell’Amministrazione finanziaria, qualora lo statuto della società preveda in maniera esplicita, nel proprio oggetto sociale, la realizzazione di interventi di recupero sugli immobili posseduti, e la predetta attività sia stata oggetto di comunicazione, con il relativo codice, all’Ufficio del Registro Imprese.